
Qualche giorno fa un amico scrittore mi ha inviato una sua opera per avere un parere. L’ho letta appena ho potuto e gli ho fatto subito i complimenti, perché l’ho trovata poetica e profonda. Vi invito a leggerla a questo indirizzo: “La cadenza dell’attesa”. Il giorno dopo ci ho rimuginato sopra, cercando di individuare gli aspetti che mi avevano affascinato A seguire trovate alcune mie riflessioni.
Comincio col dire che il testo indaga i delicati meccanismi che muovono lo scrittore, un tema a me molto caro (Sullo scrivere). Il primo elemento è lo zippo ed il suo suono onomatopeico, una trovata geniale. Ho pensato che preludesse ad un evento drammatico nel finale e invece no, tutt’altro. È un metronomo che scandisce il tempo, i paragrafi e i pensieri. Quasi un mantra, utile per entrare in uno stato di meditazione, alla ricerca di un io più profondo. La chiave per accedere ad un mondo interiore.
L’autore in questo suo monologo descrive la ricerca dell’ispirazione e si interroga sull’origine dell’energia che anima chi scrive. Ciò crea un’interessante effetto ricorsivo, perché lo scrittore si racconta nell’atto stesso di scrivere.
Un altro elemento interessante e che l’accendino, in questo contesto, perde completamente la sua classica funzione e ne acquisisce una diversa, ben più potente. Non viene usato per bruciare, ma per accendere il processo di trasformazione dei pensieri in parole, un atto creativo. Siamo in presenza quasi un rituale magico di cui lo zippo è solo il catalizzatore. Se l’incantesimo funzionerà, le parole appariranno sul foglio bianco. Come se fossero scritte con inchiostro “simpatico”, bisognose solo di un poco di calore per manifestarsi. Lettere come relitti metallici arrugginiti e corrosi sommersi dall’acqua del mare che emergono improvvisamente con la bassa marea. Quando la magia sarà compiuta un senso di calma ci pervaderà, quasi fossimo stati lo strumento di qualcuno o di qualcosa. Allora potremo fermarci sereni a contemplare ciò che ha preso forma per nostra mano.
Da dove viene ciò che scriviamo? Non so di preciso, ma mi capita spesso di pensare che, mentre la fisica teorizza l’esistenza dei multi versi, la nostra mente è già in grado di crearli. Mondi irreali, ma realistici, in cui abitano e si muovono personaggi che sono il frutto della nostra fantasia. Forse quei mondi esistevano già, solo che non riuscivamo a vederli, oppure cominciano ad esistere proprio nel momento in cui li pensiamo.
Cos’è l’ispirazione? Forse è un premio. Se è vero che le parole, come l’acqua, trovano sempre la strada allora le parole riescono raggiungere chi le attende. Ma per accoglierle, dobbiamo metterci in paziente ascolto raccoglierci in solitudine e silenzio, al momento giusto la magia si compirà. Ma la cosa più bella accadrà dopo. Quando sarà passato tempo a sufficienza ed avremo dimenticato quelle parole, potremo tornare a leggere quei segni. Allora ci stupiremo e faremo fatica a credere di avere prodotto quelle frasi. Sarà piacevole come ritrovare un vecchio amico, perché nel frattempo saremo cambiati e stenteremo a riconoscerci.
Perché si scrive? Per molti motivi, diversi e contrastanti. Si scrive per razionalizzare ciò che sentiamo e per mettere ordine nei propri pensieri. Per sublimare una sensazione, trasfigurandola in qualcosa di irrazionale come accade con la poesia ad esempio. Si scrive per lasciare una traccia, una testimonianza di sé all’io futuro che ci leggerà. Ed infine si scrive per condividere un pezzo di sé con altri. Perché una volta pubblicate, quelle parole inizieranno un viaggio, incontreranno altri lettori e li contamineranno, creando ulteriori suggestioni, proprio come è successo a me con “La cadenza dell’attesa”.
Grazie Moreno