Un lungo viaggio

Foto di Céline Martin da Pixabay

Un amico, a proposito della difficile arte della scrittura ama dire: “Dalla testa alla mano la strada è lunga”. Questa cosa non mi è mai sembrata tanto vera quanto oggi. Quanti millisecondi trascorrono da quando l’idea di un accordo musicale si forma nella mia mente a quando un segnale elettrico attraverso il sistema nervoso arriva ai muscoli delle mani e le anima per dare vita a quel suono? Secondo studi scientifici tra i 100 e 200 millisecondi, a seconda della condizione psicofisica. Nel mio caso ho la sensazione che ci voglia un’eternità.
Chi l’avrebbe mai detto che l’elettricità, l’energia stessa del fulmine, potesse rallentare sotto il peso degli anni. 

Agli inizi di carriera non mi sono mai chiesto come fosse possibile che le mie mani volassero così rapide al ritmo del pensiero, era quasi come se avessero vita propria e memoria dei passaggi. Sono stati tanti i momenti magici che mi sono goduto insieme alla band e al pubblico. Oggi quando cerco di eseguire alcuni assoli che mi hanno reso famoso in tutto il mondo, devo arrendermi all’evidenza che non riesco più. La mente conosce perfettamente la posizione che deve assumere la mano sinistra sulla tastiera della chitarra, la corda da pizzicare, il ritmo e l’effetto da imprimere con la mano destra, ma quello che mi arriva all’orecchio non è la musica che ho pensato, perché i muscoli reagiscono più lentamente. Eppure, quella melodia l’ho creata io una vita fa, non la posso dimenticare, l’ho costruita nota su nota. Ora mi dovrei pentire di avere scritto passaggi troppo arditi, che non riesco più ad eseguire al massimo livello? No. Sono le regole del gioco, ma me ne rendo conto solo ora.

La musica in definitiva è solo un’idea che si trasforma in un’onda sonora ed eventualmente in un’emozione, si tratta di un processo di trasformazione.
C’è lo strumento e c’è il musicista, li devi combinare insieme, ma suonare è un’operazione dannatamente complessa e faticosa. Come si fa ad essere così ingenui e scegliere un lavoro così intimamente legato alla salute psicofisica? Chiunque potrebbe dirti che ad un certo punto, semplicemente non ce la farai più, proprio come accade agli atleti. Già. Ma un lavoro così non lo scegli; è una vocazione a cui è impossibile sottrarsi. Se qualcuno, da ragazzo, mi avesse messo in guardia, non lo avrei di certo ascoltato. Se non avessi seguito questa insana passione per la musica, forse ora sarei rotto e consumato per avere fatto l’operaio, quindi mi considero un privilegiato.

Fare musica è un lavoro affascinante in tutte le sue fasi: la scrittura, l’arrangiamento, la registrazione in studio e poi i concerti dal vivo.
Certo ci sono anche dei prezzi da pagare. Per esempio, ripetere all’infinito certi successi, anche se non li senti più tuoi, anche se non ce la fai più. Già perché i fan dicono di amarti, ma il loro è un amore tossico che li rende spietati. Non accettano l’idea che la vita vada avanti e che tu cresca come persona e come artista. Vorrebbero che suonassi le hit che ti hanno reso famoso, come fossi un jukebox a gettone per sempre. La discografia da questo punto di vista, per un lungo periodo ha funzionato bene. L’idea era di eseguire una volta in studio un brano, inciderlo su un supporto e riprodurlo a piacere. In quell’epoca i tour erano un diversivo divertente, poi è arrivato il formato digitale ed ha distrutto l’editoria musicale. Ad oggi l’unico modo per sostenere il business sono i concerti dal vivo. Naturale, tutti cercano l’esperienza intima, quindi sei chiamato ad esibirti in giro per il mondo con la band. Ciascuno vorrebbero sentirti suonare al massimo livello, lo stesso dei tuoi inizi di carriera. Ciò non è umanamente possibile, ma viviamo nella società che vorrebbe dimenticare il tempo, il decadimento e la morte: tutti elementi strettamente connessi alla nostra natura di esseri umani.

Ci ho provato per amore del pubblico, ma suonare certe canzoni non è più istintivo. Devo concentrarmi per cercare ogni singolo accordo e certi passaggi comunque non riescono più come vorrei. Mi sono chiesto se ciò avesse ancora senso. È veramente frustrante sperimentare che con cinquanta anni di carriera alle spalle, la tua performance invece di migliorare peggiora. Senza contare che le stesse persone che cercano l’esperienza diretta, passano gran parte del concerto a riprenderti con lo smartphone, invece di godere di quel momento unico e irripetibile, come sarebbe normale aspettarsi. Per qualche artista il successo è rimanere congelato in un personaggio, tentando di rimanere identico a sé stesso immutabilmente: stesso abbigliamento, stesso ciuffo, stesse canzoni. Non fa per me. Io quando mi vedo da giovane che salto sul palco smilzo e capelluto, faccio fatica a riconoscermi. Non mi interessa che il pubblico mi voglia vedere ancora così, non è possibile, sarei solo un fantasma del tempo che fu.

Da questo punto di vista ho avuto fortuna, avevo le idee chiare fin dall’inizio e ho evitato di essere risucchiato dal business. Ho seguito con coraggio la mia strada, mi sono evoluto come persona e come artista. Ho seguito un percorso che mi ha portato a spaziare tra generi musicali diversi. Ho semplicemente assecondato la mia natura, rallentato il ritmo e cercato sonorità diverse. Ormai ho preso atto che certi brani non riesco più a suonarli; quindi, ho interrotto le tournée che alla mia età sono pesanti, ma continuerò ad incidere in studio.

Ho avuto una carriera fantastica che ha seguito la curva della vita. Con l’età di solito si tende a rallentare, subentra una sensibilità diversa, più acuta. Qualcosa che ti consente di apprezzare dettagli prima insignificanti. Credo sia normale. Avere meno tempo davanti a te, rende il tempo che rimane più prezioso e cerchi di viverlo in modo diverso. Invece di prendere a morsi la vita, la assapori lentamente, con l’illusione di dilatare quei momenti. A livello artistico ciò che sono oggi è il risultato di una trasformazione lenta e progressiva che è iniziata con la mia carriera da solista. È per questo che posso continuare a scrivere e suonare le mie ballate orgogliosamente. La mia non è stata una ritirata dalle scene, ma una scelta ponderata e consapevole. La musica che suono oggi mi rappresenta, sono io. So che non piace a tutti, ma questo non è mai stato un problema. Piacere non è la finalità ultima di un artista. L’artista non ha altra scelta che esprimere sé stesso, incontrare il favore del pubblico è un dettaglio indipendente dalla sua volontà.

Quando sono nel mio studio con la mia collezione di chitarre le osservo e non posso fare a meno di sorridere. Con ciascuna di esse è stato un amore travolgente, ora quel sentimento è vivo ma si è addolcito. Così sono qui, con la mia chitarra preferita appoggiata sulle gambe e guardo le mie mani a cui devo tutto. Non posso che ringraziarle per tutta la musica che hanno contribuito a scrivere e a suonare finora. Le perdono per quella velocità magica a cui mi avevano abituato e che oggi non posso più sperimentare. Quell’incanto si è spezzato e non posso più evocarlo, ma finché è durato è stato bellissimo. In fondo questa è una grande lezione di vita, le cose cambiano e noi non possiamo fare altro che cambiare con loro. È inevitabile. Non ho rammarichi, in fondo io mi sono sempre sentito più un cantastorie che un musicista; perciò, finché avrò voce potrò continuare a fare ciò che amo.
A voi che mi avete seguito fin qui, giuro che continuerò a suonare al meglio delle mie possibilità ciò che sento in questo mio cuore ancora dannatamente giovane.

Sparring Partner

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Qualche tempo fa prendo coraggio e consiglio la canzone “Sparring Partner” di Paolo Conte ad un collega di trenta anni. La reazione non si fa attendere: “Ma che roba è ?”. Gli dico: “E’ poesia in musica” e lui: “Ma di cosa parla?”. Provo a spiegargli cosa credo di avere capito, ma non lo convinco. In effetti non mi sono mai soffermato troppo sul significato di questa canzone. Questa cosa mi fa riflettere: è veramente così importante che una canzone abbia un senso?

La bellezza spesso è indecifrabile. Di fronte ad un’opera d’arte avvertiamo le sensazioni che essa induce in noi, il suo effetto trasformativo, ma raramente riusciamo a svelarne i meccanismi. Le canzoni di Paolo Conte per me hanno questo fascino. La musica del piano si amalgama con un testo criptico dal significato sfuggente, ma nell’insieme evocativo. Le parole sono quasi un’estensione delle note, non sempre hanno un significato, ma contribuiscono a creare una suggestione. Un incantesimo, parole dal significato enigmatico, ma capaci di stimolare, in chi le ascolta, l’immaginazione.

Canzone “Sparring Partner” di Paolo Conte

Testo “Sparring partner” di Paolo Conte

È un macaco senza storia
Dice lei di lui

Che gli manca la memoria
In fondo ai guanti bui

Ma il suo sguardo è una veranda
Tempo al tempo e lo vedrai
Che si addentra nella giungla
No, non incontrarlo mai

Ho guardato in fondo al gioco
Tutto qui, ma sai

Sono un vecchio sparring partner
E non l’ho visto mai

Una calma più tigrata
Più segreta di così

Prendi il primo pullmann, via
Tutto il reso è già poesia

Avrà più di quarant’anni
E certi applausi ormai

Son dovuti per amore
Non incontrarlo mai

Stava lì nel suo sorriso
A guardar passare i tram
Vecchia pista da elefanti
Stesa sopra al macadàm

L’arte che è in ciascuno di noi

Mark Knopfler – Privateering Tour – Father & son / Hill Farmer’s blues

Come iniziare bene l’anno? Per esempio ascoltando buona musica e fermandosi a riflettere sul divino che si nasconde in ciascuno di noi.

Come può un uomo di mezza età dall’aspetto anonimo da impiegato del catasto farvi passare i brividi lungo la schiena?
In fondo la musica è solo aria che vibra. Un’infinita combinazione di sette semplici note.

Credo si tratti di arte ed è un grande potere: la magia di indurre emozioni a distanza su altre persone.

Non smettete mai di cercare questa magia nascosta in voi.
Se la trovate abbiatene cura e fatela crescere. Non abbiate paura di lasciare che emerga. Qualcuno vi prenderà per folle, ma non soffocate il vostro demone.
Cercate altre persone con lo stesso dono capaci di vibrare alla vostra stessa frequenza, con la vostra stessa sensibilità e farete cose grandi insieme.

Vi auguro di trovare la vostra “band”. Polistrumentisti che sappiano suonare strumenti inusuali: la cornamusa il violino ed il flauto così sarete capaci insieme di produrre melodie angeliche. Sarà facile suonare insieme la danza della vita. Basterà un cenno del capo per capirsi. Suonerete insieme con il sorriso: divertendovi. E saprete navigare insieme il mare: indovinando l’armonia delle onde.

Agli scrittori auguro di riuscire con la propria penna, di generare anche solo la metà della magia che è in grado emanare Mark Knopfler con la sua chitarra e la sua voce.

Non smettete mai di cercare la bellezza e l’armonia e forse riuscirete a vivere questo mondo con una certa leggiadria.

Disegnare con le parole

Foto di Joe Bennett da Pixabay

In una recente intervista Francesco Guccini ha detto che gli sarebbe piaciuto disegnare fumetti, ma non ne è capace. L’ ho sempre ammirato per la sue canzoni piene di poesia e questa sua affermazione mi ha colpito.

Tra le sue canzoni Autogrill è quella che amo di più. Fin dalla prima volta in cui l’ho ascoltata ho potuto visualizzare le singole inquadrature di questa storia.
Il testo è uno story board in cui, ciascuna strofa descrive il luogo l’atmosfera e i sentimenti in modo vivido.
Proverò a descrivere le sensazioni che suscita in me questa canzone.

Siamo all’interno in una stazione di servizio su una strada secondaria (strada bianca) forse negli Stati Uniti (nickel di mancia).
Mi piace pensare che sia l’alba, ma non è chiaro (sole basso all’orizzonte).
Il locale è quasi deserto, la ragazza al banco e un uomo che beve. Lui osserva la ragazza e l’ambiente circostante e noi seguiamo il filo dei suoi pensieri.

La realtà ordinaria e modesta del posto cozza con le immagini pubblicitarie alle pareti. Lei è giovane e sorride alla vita ingenua e speranzosa. Lui invece, forse più maturo ne percepisce l’inganno: non c’ è alcuna poesia. La malinconia del luogo e del momento lo assalgono. Esiste una via d’uscita a tutto ciò ? Una strada che conduca lontano ?

Forse si, forse è possibile immaginare un futuro diverso. Lui e lei, nuovi Adamo ed Eva di questo Eden di serie b, possono sottrarsi ad un’esistenza senza senso. Non resta che fantasticare su un’improbabile storia d’amore tra loro. Per dare maggiore corpo a questa illusione mette una canzone che sia colonna sonora del loro film e lasci fuori i rumori del mondo. Il sogno dura poco e non si concretizza.

Per fare l’incantesimo dovrebbe pronunciare una formula magica, ma non trova il coraggio e quella frase rimane sospesa. L’atmosfera del momento viene interrotto da una coppia che entra nel locale. Quella coppia che avrebbero potuto essere, ma che non saranno mai. L’ambiente torna alla sua triste normalità, alla musica si sostituiscono i rumori usuali: sgocciolio, cigolio, acciottolio.

E’ tutto un gioco d’apparenza e d’illusione, proprio come nella pubblicità dove tutto è falso. Se solo avesse trovato il coraggio di parlare le cose sarebbero andate diversamente, invece tutto è svanito in un attimo. Come un’iridescente bolla di sapone che svanisce al sole senza lasciare traccia. Le uniche parole sono “Quant’è ?”. Siamo in un mondo in cui immagini e cliché prevalgono sulle parole e sui contenuti. Quel bancone è il muro di incomunicabilità che li divide e li relega nei propri ruoli, per sempre.
I sogni non sono gratis, il nickel di mancia è il prezzo di quella bella suggestione. Lui si lascia alle spalle le sue chimere e senza rimpianti torna al proprio destino.

C’è stato un momento in cui tutto poteva cambiare, ma non ha avuto il coraggio di tentare la sorte. Così per inerzia continuiamo a vivere la nostra vita senza prenderne mai in mano le redini. Non scegliamo il percorso, seguiamo una strada già tracciata, senza avere il coraggio di imboccare le deviazioni che incontriamo.
Autogrill è la canzone delle occasioni perdute e delle possibilità mancate.

Nel film “Thelma e Louise” invece le protagoniste trovano la forza di cambiare le loro vite fuggendo in auto. Nel loro caso gli autogrill sono il luogo della metamorfosi, il posto in cui il cambiamento si concretizza e prende corpo. Nel finale la malinconia di un’esistenza triste predestinata sarà sconfitta scegliendo la libertà suprema.

Guccini non sa disegnare fumetti, ma in compenso disegna in modo stupendo con le parole.