Best practice


Molti anni fa, agli albori della mia carriera professionale, partecipai ad un corso di team building. Svolgemmo numerose esercitazioni, ma ce ne fu una che più delle altre lasciò in me un segno indelebile.
L’esercizio prevedeva di risolvere un puzzle piuttosto complicato in un tempo limitato attenendosi rigorosamente alle regole che erano state scritte alla lavagna.
A circa metà del tempo il formatore, senza dire nulla, attaccò alla lavagna un disegno con la soluzione. Noi incuranti proseguimmo il nostro lavoro tentando di risolvere il rompicapo.
Il tempo a nostra disposizione terminò e non trovammo la soluzione.

Il formatore chiese chi avesse notato la presenza della soluzione e chi l’avesse utilizzata per risolvere l’esercizio. Io in effetti l’avevo notata, ma non l’avevo presa in considerazione avevo pensato tra me: “Troppo facile, copiare non vale”.
Il formatore ci fece notare però che tra le regole non era inclusa quella di non copiare. In effetti l’obiettivo dell’esercizio era dimostrare che il mindset influenza il comportamento e tende a ridurre lo spazio di ricerca della soluzione. Inoltre essere troppo focalizzati sul problema a volte impedisce di cogliere eventuali preziosi aiuti esterni: pensiero laterale. Nel caso specifico ci svelò che siamo cresciuti con l’idea che copiare è sbagliato e con il senso di colpa che ne deriva.

In quel momento presi consapevolezza di quanto la mia visione del mondo fosse influenza dal retroterra culturale d’origine.
Il messaggio che passò è che il mondo del business è spietato, conta il risultato e non come ci si arriva. Io sarò romantico, ma a questa idea di un mondo cinico e crudele non mi sono mai piegato.
Però è innegabile che copiare sia uno sport molto diffuso. Forse è per questo tendiamo a parafrasare. Per esempio “Prendere spunto” suona già meno peccaminoso. Domani quando qualcuno vi apostroferà sdegnato:
“Ehi, ma tu hai copiato!” potrete sempre rispondere sorridenti e sornioni:
“No, certo che no. Ho solo applicato una best practice”.