Al Passo del Cornello, ma senza fretta

Domenica 25 Giugno 2023, dopo una settimana di afa, un temporale ha spazzato via le nubi e reso la temperatura gradevole.
Ci si vede al distributore IP del Brugnetto alle 09.15.
Gabriele, il nostro navigatore (Triumph Thunderbird) ha tracciato una rotta su strade secondarie io e Francesco (Triumph Thunderbird) abbiamo risposto alla chiamata.
Ho esteso l’invito a qualche ex-collega, per cui questa volta si uniscono alla compagnia: Leonardo e Alessandra su Ducati Multistrada, Lorenzo su BMW GS 800 ed il suo amico Filippo con Guzzi Le Mans 1000 restaurata. Quando Lorenzo arriva e si toglie il casco fa per presentarsi. Poi vedendo Gabriele esclama: “Ma te sei! ?” seguono risate e strette di mano. Lui e Gabriele si conoscono già hanno in comune la passione per il ballo: “Carramba che sorpresa! “.
Prima di partire Francesco regala a me e Gabriele un portachiavi con un cornetto rosso porta fortuna: un pensiero molto gentile. Lo aggancio subito alle chiavi della moto, è in buona compagnia e d’ora in poi mi seguirà sempre.

Colazione, pieno e via.
Arcevia Sassoferrato Fossato di Vico. La giornata è ideale per andare in moto: soleggiata ma fresca.
Teniamo la nostra solita andatura turistica, regolare e rilassante. Quando serve si fa qualche sorpasso, ma sempre in sicurezza non abbiamo alcuna fretta.
Scendendo da Arcevia ci supera qualche”Power Rangers” noi li chiamiamo così. Moto da strada e tuta in pelle, tengono un altro passo, sono degli adrenalinici, noi invece siamo dei contemplativi.
Durante una fermata la Guzzi si spegne e quando è calda fatica a ripartire, sembra sia colpa della bobina, una breve attesa e poi si va. Passiamo per Gualdo Tadino e facciamo una prima sosta a Nocera Umbra, caffè e due chiacchiere. Si riparte, attraversiamo gole immerse nel verde e poi cominciamo a salire di quota. La strada si fa tortuosa. Ad un certo punto percorro un tornante a destra, ma prima che termini mi trovo in una galleria. Sono in piega e passo dalla luce all’oscurità. Per un attimo provo il disorientamento dei piloti aereonautici quando sono costretti al volo strumentale senza alcun riferimento visivo. Nell’attesa che gli occhi si abituino al buio non posso fare altro che mantenere l’assetto, rimango piegato sperando che il raggio di curvatura del tornante sia costante. La galleria è breve e tutto si risolve per il meglio.
Arriviamo al Cornello e facciamo una sosta. Ho notato che la visiera del casco ha qualche problema, Gabriele e Francesco sempre attrezzatissimi mi aiutano e trovano una vite lenta, non abbiamo la brugola giusta e si va di pinze. Facciamo una foto di gruppo scattata da una simpatica amica motociclista conosciuta in quel momento. Lei è appiedata perché sta aspettando il fidanzato a cui ha prestato la moto. Qualcuno le ricorda una massima dettata dalla prudenza: “La roba che si monta non si presta… “. Quindi per estensione del concetto dico: “Allora neanche i mobili Ikea… “. Risate. Si scende verso Hard Pork e attraversiamo Pioraco. Sosta pranzo e chiacchiere per conoscersi. Sono vicino a Filippo e mi faccio raccontare la storia della sua Guzzi: una moto letteralmente abbandonata dal proprietario precedente e che lui ha “adottato” e restaurato. Mentre parliamo ci fa un grande complimento: “mi piace la vostra andatura regolare e senza strappi” sono sicuro che Gabriele ne sarà felice.
Caffè a Castelraimondo e poi verso San Severino e Cingoli.
A Cingoli sosta al Gibson Cafè per godere del panorama.
Torniamo tranquilli passando per Cupramontana. Sulla SS76 ci fermiamo, chi va ad Ancona si sgancia. Saluti e ringraziamenti. Io Gabriele Leonardo ed Alessandra usciamo a Monsano e torniamo al punto d’incontro della mattina. Sosta e altre chiacchiere perché la condivisione di questi bei momenti fa bene all’amicizia. Rietro a casa verso le 19.00 dopo 230 chilometri di gioia.

Lo spirito del biker

Monte Nerone vista sulla costa adriatica

Qualche tempo fa chiacchierando con una mia amica le dissi che ero stato a fare un giro in moto.
Lei mi guardò in modo interrogativo e mi chiese: “E dove dovevi andare ? ”
Io: “In nessun posto in particolare. Semplicemente un giro.”
Lei poco convinta: “Ah bè.”

Tentai di spiegarle quanto sia bello andare in moto, ma non ci riuscii.
L’episodio mi colpì e mi fece riflettere.
Chi me lo fa fare di salire su una moto ed espormi a tutti i rischi che ciò comporta ?
Andare in moto è oggettivamente pericoloso. Possono andare storte tante cose: un problema meccanico, un animale che attraversa, la breccia in mezzo alla curva, qualcuno che non ti dà la precedenza.
E ancora perché spendere per la manutenzione, la benzina, le gomme ecc. ?
La risposta naturalmente è la passione. Quel sentimento irrazionale che ti induce a fare cose fuori dell’ordinario, ma che ti fanno sentire bene.

Da quel momento raramente esco in moto senza essere vestito di tutto punto.
Inoltre ogni volta che la congiunzione astrale è favorevole per un’uscita devo vincere una certa vocina che mi dice “ma n’do vai, lascia perde…” e mi fa sentire stupido.
E’ esattamente la stessa stupidità che ho sperimentato nel 2007 quando, dopo parecchi anni, mi sono convinto a ricomperare una moto e, all’ingresso del concessionario, mi sono detto: “cosa sto facendo ?”
Quella vocina continua a tormentarmi mentre mi infilo gli stivali, indosso il giubbotto e calzo il casco.
Eppure mi basta percorrere pochi metri in sella alla mia XT e quella vocina si è già volatilizzata.
La sensazione di leggerezza di libertà e quell’equilibrio ritrovato danno un senso a tutto ciò.

Santo Stefano Arcevia (AN) sullo sfondo Monte Strega e Massiccio del Monte Catria e Acuto

Chi non è un motociclista vede la moto come un semplice mezzo di trasporto che può portarti dal punto A al punto B, ma tutto ciò è estremamente riduttivo.
Chi ama la moto crede profondamente nell’idea che il viaggio conti più della destinazione.
Poi ciascuno motociclista vive l’esperienza di andare in moto in modo diverso. Chi ama l’adrenalina e chi invece preferisce i panorami.
Io personalmente amo viaggiare lentamente e sfrutto la moto per esplorare i nostri appennini, quindi spesso abbino un giro in moto ad una breve escursione in montagna.
Per questo preferisco strade secondarie non trafficate che mi regalano scorci spettacolari sul nostro territorio.
Gironzolare per le nostre vallate tra l’azzurro del cielo ed il verde della campagna è un grande privilegio.
Le strade familiari, la bassa velocità la natura intorno e i panorami fino alle montagne, unite alla danza delle curve mi fanno entrare in uno stato di pace dalla quale spesso scaturiscono ispirazioni creative.

Monte San vicino sullo sfondo la diga di Castreccioni a Cingoli (MC)

Quando siamo in sella alle nostre moto con le nostre “armature” ci sentiamo dei cavalieri medievali. Non abbiamo nemici da sfidare, noi siamo difensori.
Le protezioni che indossiamo sono a difesa dello spirito bambino che alberga in noi. Quello che osserva affascinato il mondo con occhi pieni di curiosità. Nel nostro peregrinare cerchiamo di mantenere quello spirito capace di stupirsi di fronte ad panorama. In definitiva siamo cavalieri erranti alla perenne ricerca di meraviglia, perché questo ci fa sentire vivi.
La moto è un mezzo per teletrasportarsi in una dimensione utopica dove i problemi della vita non esistono. Un periodo di sospensione in cui torniamo ad essere quegli adolescenti che in sella ad un cinquantino assaporano una libertà fino a quel momento sconosciuta.
La nostra è una magia di breve durata ma ripetibile. Le emozioni vissute un patrimonio prezioso che nessuno potrà mai toglierci.

Cavalli d’acciaio e cavalli in carne ed ossa

Recentemente quella mia amica è andata in montagna insieme alle sue compagne storiche. Quattro donne che fanno un viaggio insieme e si lasciano alle spalle per qualche giorno famiglia, lavoro e tutti gli affanni della vita per ritrovare se stesse è una cosa stravagante, coraggiosa e poetica: da veri biker.
Perché lo spirito del motociclista è solo uno stato mentale e per viverlo non serve necessariamente guidare una moto.

Strani fenomeni quantistici

Le antenne del Monte Nerone

Salire al Monte Nerone in moto non mi ha mai entusiasmato. La strada per le antenne termina in uno spiazzo circolare asfaltato su cui incombono minacciose le antenne dei ripetitori.
Nonostante si goda di uno spettacolare panorama non ho mai sentito quella magia che cerco quando vado in montagna: una sorta di naturale armonia.
Ho sempre sospettato che il mio fosse un pregiudizio dettato dalla scarsa conoscenza del luogo. Per questo negli ultimi anni ho cominciato ad esplorare meglio questo monte che è uno dei nostri “giganti”.

A maggio 2020 in una domenica mattina soleggiata ma con vento da nord, partii alla volta del Nerone. Nel salire incrociai diverse persone in bici. Non pratico più questo sport, ma mi sono cimentato da giovane ed ho molto rispetto per lo sforzo a cui si sottopongono. Quel giorno a pochi chilometri dalla cima sorpassai una ciclista e proseguì tra i tornanti.
Ebbi l’impressione che la strada non finisse mai e mentre salivo le raffiche di vento erano sempre più insistenti. Arrivato in cima mi accolse un vento freddo e teso che mi indusse a togliere velocemente il disturbo.

Panorama dal Monte Nerone verso est

Nel discendere incrociai nuovamente la ciclista ancora intenta a salire. Complice la bassa velocità e la ridotta carreggiata, le nostre vite per un istante si sfiorarono al rallentatore in direzioni contrarie. Volli tributarle la mia massima stima salutandola con un cenno del capo.
Lei mi risposte educatamente, ma colsi nel suo viso un’espressione di rimprovero che mi mise a disagio. Così provai ad indovinare i suoi pensieri:
“Ma Bravo! Hai conquistato la tua cima e sei già di ritorno.
Io invece devo ancora arrivare alla meta. Ricordati che non c’è alcun onore nel conquistare una vetta senza fatica e sudore.
Certo il fatto che siamo qui in questo istante in questo mondo dice molto di noi, ma il modo in cui siamo qui è molto diverso. Talmente diverso da renderci due particelle vicine che quasi si toccano, ma al contempo lontane anni luce tra loro, agli estremi opposti della galassia.”

Il Nerone mi lasciò ancora una volta l’amaro in bocca, come di una vittoria rubata.
Con il tempo ho proseguito l’esplorazione delle sue pendici e delle zone circostanti muovendomi a piedi lungo i suoi sentieri.
Così ho avuto modo di scoprire luoghi fatati a cui ora sono molto affezionato.
La mia è una paziente danza di corteggiamento appena iniziata.

Gola di Jana

Un sabato primaverile soleggiato e ventoso.
Ci si vede a Corinaldo 9.30 siamo in tre:
Triumph Thunderbird, Yamaha XT, Suzuky SV le moto non potrebbero essere più diverse, ma quello che ci accomuna è la passione.
Brevi presentazioni, perché è pur sempre un gemellaggio tra due gruppi diversi di motociclisti.
Caffettino al bar. Si definisce l’itinerario di massima e via.

Si va per Ostra, troviamo traffico, ma non c’è fretta.
Superato il traffico si prosegue per Montecarotto.
L’asfalto è buono. Il sole splende ed accende i colori tutto intorno, il verde brillante del grano e i fiori rosa dei peschi.
Qualche folata di vento a disturbare la guida.

Da Pianello Vallesina si sale a Cupramontana, cosi’ evitiamo la SS76 e ci gustiamo una bella serie di curve. Si prosegue per Apiro e Frontale.
Sulla strada che sale a Pian dell’Elmo una breve sosta per il limite K-T (un approfondimento). Continuando a salire la temperatura si abbassa ed il cielo è sempre più cupo, in fondo la primavera è solo all’inizio. Superiamo i prati del San Vicino e scendiamo verso la valle per ritrovare una temperatura più mite. Questo è il tratto di strada più rovinato con l’asfalto saltato in vari punti e breccia in giro, ulteriore motivo per scendere con calma. Prima di arrivare a Matelica deviamo a Braccano, una piccola frazione famosa per i suoi murales.

Attraversiamo il paesino seguendo le indicazioni per la Gola di Jana. Per arrivare al parcheggio bisogna fare un breve tratto in breccia piuttosto stretto. Per fortuna il traffico è nullo e il fondo regolare andiamo piano e non incontriamo nessun problema.
Dal parcheggio in quarantacinque minuti a piedi si può arrivare all’abbazia di Roti.
Noi prendiamo un’altra direzione. Seguiamo il sentiero guadando il torrente ed in breve arriviamo alla gola ed alla sua cascata: per me è un posto magico in cui tornare ogni anno.
Qui alcune foto di Agosto 2021 con il torrente in secca.


Scattata qualche foto si torna al parcheggio e si riparte con destinazione Hard Pork di Castel Raimondo.
Si arriva in pochi minuti, qui ci concediamo una rilassante pausa con panino.

Si rientra per San Severino, Cingoli con sosta caffè con vista spettacolare sul mare.

Lungo la strada del ritorno ciascuno prende la via di casa e ci salutiamo con la promessa di replicare presto l’esperienza.

Breve viaggio alle radici dell’ispirazione

Come nasce l’ispirazione ?
Difficile da dire. Una cosa letta, sentita, pensata. Elementi diversi lontani ed estranei che improvvisamente si collegano tra loro a formare un disegno, qualcosa che prima non esisteva.
La novità è che posso portare un piccolo esempio concreto.

Ieri mattina 6.30 mi gusto questo video:

Geopop intervista Valentino Rossi

Valentino è spettacolare. Fa fatica a spiegare come si curva con la moto. Per lui è del tutto istintivo e allora non trovando le parole sopperisce con la mimica.
Tra parentesi chi va in moto lo sa, è del tutto controintuitivo, ma la moto entra in curva controsterzando leggermente nel senso inverso: è la fisica del giroscopio.

Condivido il link del video in un gruppo di miei amici biker e qualcuno commenta ridendo: “il trucco sono le gomme…”.
Questa frase comincia a solleticarmi il cervello e dopo qualche secondo arriva l’ispirazione:

“il trucco sono le gomme…” 
Lo diceva sempre, ormai vecchio e al termine della sua lunga carriera, il Grande Mago “Cancellini” a chi gli chiedeva il segreto del suo successo. 
Nei suoi spettacoli, invero un po’ lunghi, era in grado di far sparire perfettamente enormi disegni tracciati a matita dopo averci lavorato sopra con buona lena.

Come nasce il Mago “Cancellini” ?
Quando ho letto quella frase mi sono chiesto se, mantenendo ferma la sua validità, potessi costruirgli intorno un contesto completamente diverso ma plausibile per quanto assurdo ed improbabile. Penso ad altre gomme, quelle per cancellare. La gomma per cancellare fa sparire i segni della matita, in certo senso fa una “magia”. Allora ci vuole un mago. Il nome Cancellini emerge spontaneamente. Penso sia stato un tributo inconscio al Tenente Colombo che nell’episodio “L’illusionista” si confronta con un assassino prestigiatore: “L’inarrivabile Santini”.
L’idea di un mago farlocco e di un pubblico altrettanto credulone è una traslazione dei super eroi con poteri assurdi ed inutili di Leo Ortolani in Rat-Man.
Leo mi ha fornito un’altra preziosa fonte d’ispirazione, il suo mago “Braccini” presente in “The Walking Rat.

“The Walking Rat” di Leo Ortolani


Così qualche minuto dopo nasce e muore un personaggio nonsense.
Il micro racconto, quasi un epitaffio, nasconde fino alla fine la giustificazione assurda della frase, ma contribuisce a rendere il contesto coerente.
Questo è stato possibile solo attraverso una prima stesura e successivi piccoli ritocchi del testo, fino ad arrivare ad una forma musicale e consistente.
La scrittura, con la sua asincronia, ha questo vantaggio, dà la possibilità di cesellare le frasi con cura. Dal vivo tutto ciò è impossibile, si ha solo una possibilità per sfruttare il tempo comico, si chiama arte dell’improvvisazione ed è un dono raro riservato a persone molto brillanti.

Alla fine non saprei dire sinceramente se tutto ciò possa essere considerato creatività o piuttosto rielaborazione, ma vi garantisco che quando capita lascia una piacevole sensazione.