AIgor

Nel periodo di riposo natalizio ho approfittato per fare la conoscenza di NotebookLM di Google. Si tratta di uno strumento di intelligenza artificiale gratuito (basta avere un account Google per accedere) che consente di costruire una o più “intelligenze esperte”, ciascuna basata su fonti informative fornite da noi. Per gioco ho creato AIgor, un’intelligenza che risponde a domande sul film “Frankenstein junior” del 1974 diretto da Mel Brooks.


L’uso dello strumento è molto semplice.
Si comincia creando un nuovo Notebook (un quadernone di appunti) e si inseriscono le fonti informative. Io ho selezionate alcune risorse del web in cui si parla del film.

Le fonti possono essere di varia natura: pagina Web, video YouTube, file o del semplice testo. Nel caso di video ed audio l’elemento informativo che sarà utilizzato è la trascrizione testuale dell’audio. Le informazioni delle fonti possono essere anche in inglese. Nella versione gratuita le fonti sono limitate a 50.

A questo punto possiamo porre domande alla nostra intelligenza, che sa tutto sul nostro film preferito. Per farlo, usiamo la classica chat testuale scrivendo le domande in linguaggio naturale in lingua italiana, dietro le quinte c’è Google Gemini.

La prima domanda che gli faccio è “Chi è Elisabeth?”

Elizabeth è la fidanzata del dottor Frederick Frankenstein. È un personaggio che appare in diversi momenti del film e ha un ruolo significativo nella trama.

Ecco alcuni dettagli su di lei:

  • Fidanzata di Frederick: Elizabeth è la fidanzata di Frederick, il protagonista della storia. La loro relazione è caratterizzata da un umorismo particolare. All’inizio del film, si salutano alla stazione in modo affettuoso, ma con una vena comica. Elizabeth, preoccupata per il suo aspetto, chiede a Frederick di non baciarla sulle labbra per via del rossetto e si raccomanda che il suo vestito di taffetà non si sgualcisca.
  • Arrivo in Transilvania: Elizabeth fa una visita inaspettata a Frederick in Transilvania. Il suo arrivo crea una serie di situazioni comiche, tra cui un malinteso con Igor, l’assistente del dottore, e un incontro con Inga, l’altra assistente.
  • Sedotta dalla Creatura: Dopo essere stata rapita dalla creatura di Frankenstein, Elizabeth si innamora di lui a causa della sua “disumana resistenza sessuale” e del suo “enorme pene”. Inizia anche a cantare “Sempre libera” dalla Traviata, o “A sweet Mystery of Life” da Naughty Marietta nella versione originale, per esprimere la sua passione per la creatura.
  • Matrimonio con la Creatura: Nel finale del film, Elizabeth sposa la creatura, che nel frattempo è diventata erudita e sofisticata. Durante il matrimonio Elizabeth dice al mostro “Sei incorreggibile”.
  • Interpretazione: Elizabeth è interpretata da Madeline Kahn. La sua performance è descritta come comica ed esilarante.
  • Dialoghi: I dialoghi di Elizabeth sono caratterizzati da scambi rapidi e pungenti, spesso con sfumature sessuali. Per esempio, in una scena saluta Frederick dicendo “Taffetà caro”, riferendosi al suo vestito.
  • Trasformazione: Il personaggio di Elizabeth subisce una trasformazione durante il film. Inizialmente è una donna di città, elegante e preoccupata per il suo aspetto. Successivamente, diventa una donna appassionata e innamorata della creatura, cantando ed esprimendo la sua sensualità.

In sintesi, Elizabeth è un personaggio femminile chiave in “Frankenstein Junior”, con un ruolo comico e un arco narrativo che la porta a trasformarsi e innamorarsi di una creatura, con un finale inaspettato.

Altra domanda “Se dico taffetà?”

Se si dice “Taffetà” in riferimento a Frankenstein Junior, si fa riferimento a un particolare scambio di battute tra Elizabeth e il dottor Frederick Frankenstein.

  • Il contesto della battuta: Elizabeth, la fidanzata di Frederick, pronuncia la frase “Taffetà, caro” in due momenti distinti, entrambi prima della partenza di Frederick per la Transilvania.
    • La prima volta, lo dice dopo che Frederick l’ha salutata con affetto, e lei, preoccupata per il suo aspetto e per il suo vestito di taffetà, lo corregge dicendo di non baciarla sulle labbra per via del rossetto.
    • La seconda volta, la pronuncia sempre in riferimento al vestito, preoccupata che si sgualcisca prima di un evento mondano.
  • Significato: La frase “Taffetà, caro” sottolinea l’attenzione di Elizabeth per i dettagli e il suo attaccamento all’apparenza. Questo dettaglio di abbigliamento evidenzia il suo carattere un po’ frivolo e superficiale all’inizio del film, prima della sua trasformazione.
  • Uso nella versione italiana: La battuta è stata mantenuta nella versione italiana del film, diventando una delle frasi iconiche del personaggio di Elizabeth.
  • Riferimento alla scena: La frase è un riferimento diretto al vestito di Elizabeth, che è realizzato in taffetà, un tessuto noto per sgualcirsi facilmente. La sua preoccupazione per il vestito, in un momento in cui ci si aspetterebbe un addio più emotivo, aggiunge un tocco di umorismo alla scena.
  • Personaggio di Elizabeth: La battuta “Taffetà, caro” contribuisce a definire il personaggio di Elizabeth come una donna elegante, un po’ snob e preoccupata per il suo aspetto. La sua trasformazione successiva, quando si innamora della creatura, rende ancora più comico questo suo attaccamento iniziale all’apparenza.

In sintesi, se si dice “Taffetà” si evoca immediatamente il personaggio di Elizabeth, la sua ossessione per l’abbigliamento e l’umorismo che caratterizza la sua interazione con Frederick all’inizio del film.

Proseguendo nell’esplorazione dello strumento, nella sezione “Studio” troviamo altre funzionalità interessanti:

  • La guida allo studio
  • Domande frequenti
  • Documento di briefing
  • Sequenza temporale
  • Riassunto audio

Quest’ultimo è piuttosto impressionante, perché consente di generare un podcast a due voci che narrano una sintesi del materiale fornito. La lingua del podcast è l’inglese, ma usando la funzione di personalizzazione e specificando la frase: “Il podcast deve essere in lingua italiana. Evita di inserire parole in lingua inglese” è possibile ottenere l’audio in lingua italiana.

Valutate da voi il risultato finale:

NotebookLM mi ha colpito perché nel suo utilizzo, rispecchia finalmente il tipico modus operandi di chi vuole approfondire un argomento. Questo lo rende un prezioso strumento di supporto allo studio sia in ambito scolastico sia professionale. Quasi dimenticavo, ciascun Notebook può essere condiviso con altri utenti che abbiano un account Google.

Per semplificare il popolamento delle fonti vi consiglio un’extension per Google Chrome “NotebookLM Web Importer”, premendo un solo pulsante potrete immediatamente scegliere il notebook a cui aggiungere l’attuale indirizzo del browser.

In definitiva uno strumento molto utile e semplice da usare, ma solo per chi abbia ancora voglia di studiare ed usare il proprio cervello Normal o ABnormal che sia.

A presto ; )



La macchina creativa

Image by Gerd Altmann from Pixabay

La disponibilità dell’AI generativa ha reso chiunque capace di creare un contenuto testuale di buona qualità. Chi ama scrivere evita queste scorciatoie e preferisce confrontarsi con l’ispirazione e la creatività a “mani nude”. La scrittura è una sfida con sé stessi che merita di essere affrontata in un leale corpo a corpo.

Un modello di AI generativa è addestrato su una moltitudine di opere scritte di origine umana. La sua capacità generativa si basa sulla possibilità di combinare su base statistica contenuti preesistenti. Questo meccanismo, a prima vista, rende la capacità generativa AI diversa dall’immaginazione umana, ma ne siamo sicuri?
Recentemente ho scritto e pubblicato un racconto “Unico testimone la Luna”, esso è indubitabilmente farina del mio sacco. L’ho immaginato e scritto io, quindi è un contenuto senza dubbio originale.
Ma quale opera scritta possiamo considerare veramente originale?

Con il termine originale intendiamo prodotto da qualcuno da zero, non copiato, scaturito dall’immaginazione. Ma se ci fermiamo a riflettere, ci accorgiamo che, ciò che consideriamo esclusivo frutto della nostra mente, è solo il prodotto di una lunga serie di contaminazione, suggestioni ed esperienze vissute lungo l’arco di una vita. Alla fine, ciò che scrivo non è necessariamente nuovo od inedito, ma semplicemente la combinazione conscia ed inconscia di qualcosa che ho letto, visto ed esperito fino a quel momento.

Dal punto di vista puramente generativo, forse non siamo molto diversi dall’AI. Vivendo, interagiamo con il resto del mondo ed alimentiamo un modello (mente e memoria) che influenza il nostro comportamento e la nostra creatività. Diversamente dall’AI il nostro modello è alimentato da una serie di informazioni sensoriali captate attraverso il corpo. Ciò che creiamo è sempre la sommatoria degli eventi di cui siamo testimoni o attori. L’elaborazione degli eventi sensoriali che ci hanno raggiunto, coinvolto e che alla fine ci hanno trasformato.

Un creativo in effetti può essere considerato una “macchina” che grazie ad una particolare sensibilità, elabora il proprio vissuto e lo reinterpreta, trasformandolo in un’opera. L’AI non ha una fisicità, non vive il mondo concreto, non raccoglie stimoli sensoriali e non sperimenta le emozioni. È un alieno che conosce l’umanità attraverso ciò che essa ha prodotto a livello letterario. Può dire di conoscerla molto bene, può persino mimarne il comportamento, impersonando qualcuno, ma non è in grado di replicarne l’essenza. Alla fine quel corpo che ci rende esseri finiti e limitati, forse rappresenta proprio il nostro vantaggio competitivo.

Leggendo un libro è spontaneo domandarsi quanto ci sia di autobiografico dell’autore. Io sono dell’idea che in un’opera c’è inevitabilmente sempre tutta la vita intera dell’autore. Non in senso stretto di accadimenti, ma nel significato che l’opera racchiude in sé. Per questo trovo molto più interessante indagare sui motivi che hanno messo in moto quella macchina e che, attraverso un processo di trasformazione, ha dato vita a quell’opera. L’AI, non potendo provare emozioni, non è in grado di mettere in moto questo processo. Il significato forse è la chiave di tutto. L’AI può generare poesia, ma non è in grado di coglierne il significato e quindi non ne subisce l’effetto. Può decifrare la metrica e farne la parafrasi, ma non è in grado di emozionarsi per la sua bellezza.

Onde di girasoli nella campagna di Corinaldo (AN).
In lontananza il massiccio del Monte Acuto e Monte Catria

Forse fino a quando l’AI sarà incapace di provare stupore di fronte ad un panorama, godremo del vantaggio di essere umani.

Quasi magia

Molti anni fa, credo fosse il 1998, fui testimone di un surreale scambio di battute tra colleghi. I due erano entrambi software engineer con esperienza, ma diversissimi tra loro. In quel periodo stavano collaborando ad un progetto problematico e formavano una strana coppia. S. era il leader: giovane, geniale e irriverente. C. un ingegnere preciso, metodico, ma introverso. Io ero alle prime armi e le dinamiche di questo team atipico mi affascinavano molto.
Quel giorno mi trovavo a parlare con S. alla sua scrivania quando C., nella postazione a fianco, in un inaspettato slancio di gentilezza, si girò e chiese a S.:
“Senti, devo scrivere quella funzione in C++ che poi dovrai invocare, che parametri preferisci in ingresso ?”
S. si tormentò il pizzetto per qualche istante con fare pensoso e poi rispose serio e risoluto: “Guarda, facciamo una cosa semplice…” Poi fece una pausa studiata ad arte e proseguì: “Definisci una funzione che accetta in ingresso solo una stringa. Così io scrivo in linguaggio naturale quello che la funzione deve fare e lei lo fa…”.
Rimanemmo in silenzio per alcuni secondi, guardando C. che cercava di assorbire il colpo. L’espressione interrogativa del suo viso lasciò il posto prima all’incredulità e poi alla delusione. Alla fine disse laconicamente: “Ho capito…” e tornò a rivolgersi al suo schermo. Noi naturalmente scoppiammo a ridere.

Finora questo era solo uno spassoso aneddoto a testimonianza della brillantezza di S. .
Qualcosa però è cambiato perché a distanza di 25 anni la rivoluzione dell’AI Generativa ha inaspettatamente dato corpo a quella battuta nonsense.
Così oggi, ogni volta che penso a quella frase, un brivido freddo mi attraversa la schiena. Risento S. pronunciare quelle parole: “Io scrivo in linguaggio naturale quello che deve fare e lei lo fai…” e lei lo fa. È quasi magia.

AI generativa

Foto di Gerd Altmann da Pixabay

La rivoluzione digitale ha semplificato molte attività aumentando i “poteri” degli esseri umani e inducendo evidenti effetti collaterali, ne parlavo tempo fa qui. L’uomo, grazie alla tecnologia digitale ha migliorato l’accesso alle informazioni e la capacità di memorizzazione, ma finora la creatività era una dote esclusiva e personale. Un dono raro, dalle origini misteriose e dai meccanismi sfuggenti.
Con l’AI generativa è stato superato anche questo limite. Usando un’AI (es. ChatGpt) e fornendo le giuste indicazioni, chiunque può generare un racconto, una canzone, una poesia. Questo cambia significativamente le cose e fa emergere una serie di domande inquietanti.

Come potremo sapere se una creazione è umana o artificiale ? Forse servirà la tracciabilità delle opere. Se non possiamo attribuire la paternità delle opere i concorsi e le prove d’esame dovranno essere dal vivo e preferibilmente di tipo orale. Un curioso paradosso, abbiamo appena sperimentato l’utilità delle attività a distanza e dobbiamo già tornare alla presenza fisica ? Ha senso parlare di diritti d’autore per un’opera generata ?

Avere a disposizione questa potenza creativa ci renderà tutti poeti e scrittori o invece appiattirà l’offerta?
I creativi saranno spinti a fare meglio, si ritireranno o troveranno il modo di cooperare con le AI ?
Se un’AI venisse addestrata su tutto lo scibile umano potrebbe essere considerata rappresentativa dell’umanità nel suo insieme ?

Quando l’AI diventerà tascabile e sarà addestrata in modo continuo con tutti i nostri dati personali, essa diventerà un nostro doppio digitale che ci migliorerà a tutti i livelli. Gli smart glasses e l’AI ci renderanno umani potenziati. Più sarà potente il modello, maggiore saranno le performance. Se prima ciascuno poteva trovare nella propria creatività un potente fattore competitivo innato, in futuro il denaro potrà sopperire a questa mancanza.
L’arte umana perderà valore per inflazione di opere generate e co-generate o lo acquisterà diventando ancora più rara?

Quando saremo defunti il nostro io digitale sopravvivrà ? I nostri amici potranno chattare ancora con il nostro “spirito” digitale ? Il doppio, privato dell’esperienza della vita, rimarrà fermo al suo tempo diventando noioso? Forse gli forniremo falsi ricordi di nuove esperienze per mantenerlo “vivo” ? Se alla morte fisica non corrisponderà una morte digitale, il nostro io digitale potrebbe vivere in eterno, ammesso che ci sia energia per sostentarlo. Sarebbe una sorta di vita eterna digitale.

L’AI generativa è sostenuta da un modello di comprensione del linguaggio addestrato su una grande mole di dati. Secondo lo storico Yuval Noah Harari (“Sapiens. Da animali a dèi”) il linguaggio è stato il fattore chiave di successo della specie umana. Ora questa è un’abilità digitale e come tale può essere sviluppata, condivisa, clonata: una vera rivoluzione. L’AI è molto vicina a superare il test di Turing. Ciò avvicinerà le macchine agli esseri umani e i confini inizieranno a sfumare. Presto sarà possibile ciò che Philiph K. Dick teorizzava nei suoi romanzi il Dottor Sorriso: un servizio digitale completamente automatico di psicanalisi. Per ora l’AI non ha consapevolezza di se e non ha un corpo fisico, ma quando avremo superato anche queste barriere, ci servirà il test Voight-Kampff del film “Blade Runner” per distinguere un essere umano da un androide.
Comunque se va male, male, male sappiamo già che vincerà SkyNet .