La psicologia “semplice” del developer

Ho sempre ritenuto che nel nostro lavoro la componente psicologica sia molto importante, purtroppo ho registrato spesso una scarsa sensibilità verso questo tema.

Ma è veramente così difficile avere a che fare con i developer ?
E’ possibile disegnare il profilo psicologico di un developer ?

Recentemente, durante una di queste riflessioni, ritengo di aver colto una verità interessante.

Un developer professionale è molto simile ad un artigiano, i suoi manufatti sono diretta espressione della sua arte e del suo genio.

Inoltre:

  • trae piacere nel fare bene il suo lavoro e cerca l’eccellenza
  • ha bisogno di dare un senso al proprio lavoro e quindi cerca conferma che il suo manufatto sia utile
  • ha stima di chi fa il suo stesso lavoro e trae beneficio dal far parte di una comunità

Da ciò discente in modo chiaro che chiedere ad un developer di produrre “cacca” equivale a soffocare il sue ego ed infangare la sua arte, ingenerando un profondo senso di frustrazione. 

Di converso per alimentare e mantenere alta la motivazione dei developer è facile individuare una serie di azioni:

  1. manager competenti
  2. retribuzione commisurata al valore prodotto
  3. ambiente informale
  4. auto organizzazione
  5. disponibilità degli migliori strumenti
  6. agevolare l’accesso a informazioni e a formazione
  7. agevolare la partecipazione a community
  8. ridurre il debito tecnico
  9. rendere il lavoro sostenibile

Naturalmente ci sono dei lati oscuri che conviene tenere in debita considerazione:

  1. la ricerca dell’eccellenza è nemica della gestione del tempo
  2. l’ego spiccato può determinare sporadici deliri di onnipotenza

Sulla contrazione dell’universo

Le aziende sono organizzazioni che cambiano nel tempo.
La crescita di un’azienda è un fenomeno simile all’espansione dell’universo.
Quando il numero di persone cresce tipicamente si cerca di contrastare l’entropia creando nuove funzioni, livelli e ruoli aziendali che vanno ad accrescere la struttura gerarchica aziendale a forma piramidale.

La realtà e che non siamo affatto certi che l’espansione dell’universo sia continua. Allo stesso modo non possiamo dare per scontato che l’azienda cresca in modo indefinito.
Negli ultimi decenni abbiamo sperimentato un’altissima variabilità sui mercati e ci siamo dovuti ricordare che la crescita non è una costante.

Un’azienda allora per essere longeva dovrebbe assumere una struttura plastica, malleabile al bisogno e con bassa inerzia al cambiamento.
Prendere coscienza di questa necessità spesso innesca transizioni verso strutture organizzative più moderne e a sviluppo orizzontale.

Se strutturare un’azienda in fase di espansione può essere relativamente facile, gestire una fase di contrazione ed appiattire la gerarchia è impresa ardua.
I livelli, i ruoli e le funzioni creati nel tempo debbono essere revisionati in modo profondo e spesso doloroso.
Per le persone coinvolte in queste transizioni è come trovarsi nel compattatore dei rifiuti di Star Wars: è naturale opporsi in tutti i modi, cercando di sabotare la stessa sala comandi.

Per questo un processo del genere deve necessariamente partire dall’alto, ma oltre all’autorità serve autorevolezza.
La prima cosa da fare infatti è allineare tutti i livelli sui principi ed i valori nuovi.
Ciò può risultare estremamente difficile se negli anni precedenti i comportamenti e la linea di condotta hanno smentito nei fatti i principi ed i valori che si cerca di radicare: quello che serve è una buona dose di credibilità, ma ci vuole tempo.

Per questo motivo è più semplice creare da zero un’azienda che aderisca a certi principi e valori piuttosto che riconvertirne una esistente.

Contenitore Vs Contenuto

Qualche giorno fa sono entrato in una Libreria.
Era molto tempo che non lo facevo più.
Ho scorso velocemente la sezione di science-fiction.
Me stavo andando quando un libricino ha attirato la mia attenzione: “Lo Zen nell’arte di scrivere”.
Il formato e la promessa che il titolo nascondeva erano stuzzicanti, il fatto che l’autore fosse Ray Bradbury mi ha convinto.
Ho soppesato un attimo l’idea di acquistarlo su Amazon in formato elettronico, ma mi sono abbandono al romanticismo: stavo già accarezzando le pagine e non vedevo l’ora di leggerlo.
Ho comperato il libro a 15 EUR. Una volta uscito ho resisto all’impulso di verificare quanto sarebbe costato su Amazon.

Qualche ora più tardi ho ceduto alla curiosità.
Su Amazon lo stesso libro in formato cartaceo costa 13 EUR ma in formato elettronico 5 EUR!

Sono rimasto piuttosto stupito, il romanticismo mi è costato caro.
Ma ciò che mi ha colpito è che il contenuto pesa solo per 1/3 sul prezzo complessivo di questo libro cartaceo.
Tutto ciò mi sembra sinceramente assurdo.

Naturalmente un solo libro non è un campione significativo, ma è facile capire perché il mercato dei libri stampati sia in crisi.

Da tempo ormai preferisco gli ebook per motivi di praticità.
Il libro stampato però ha una caratteristica che tende ad essere sottovalutata: con le dovute cautele (persone affidabili) può essere prestato e ciò lo rende un prezioso vettore di idee.

Come si può attraversare un fiume ?

Fiume
Fiume

Qualche tempo fa ho partecipato ad un bell’evento sul gaming.
Tra i vari giochi uno richiedeva di scrivere in 10 minuti in solitaria un elenco di modi per attraversare un fiume.

Comincio scrivendo le mie soluzioni:

  • con la barca
  • a nuoto
  • con un ponte
  • con una liana
  • con una pertica
  • con un tronco
  • ecc.

Finisce il tempo ed il coach chiede ad un partecipante di leggere una soluzione.
La persona si alza e declama: “Sulle spalle di un altro…”
Lì per lì rimango di stucco poi comincio a riflettere.

Parto da me. Probabilmente per me e per i miei colleghi del gruppo tutti di estrazione ingegneristica è stato naturale scovare strumenti per attraversare il fiume, ciò ha determinato automaticamente l’esclusione di una persona come strumento.

Mi metto nei panni dell’altro. Forse la persona è un manager. I manager per definizione gestiscono risorse tra cui esseri umani. I manager non sono uomini del fare. I manager da un certo punto di vista utilizzano le persone per lavorare, quindi tutto sommato la risposta non dovrebbe stupire.

E’ stupefacente come un gioco di tale semplicità possa far emergere in modo così chiaro una tale differenza d’impostazione nella mentalità di una persona.

Il background ed il contesto influenzano il nostro modo di pensare e di affrontare i problemi, limitando di fatto l’area in cui cerchiamo le soluzioni.

Cosa rimane dell’Agile?

Qualche settimana fa ho partecipato al corso MASS Metodologie Agile di Sviluppo Software. Gli argomenti trattati:

  • Agile Manifesto
  • Scrum
  • Lean Software Development
  • XP

Ho avuto modo di approfondire temi a me cari e di fare esercitazioni di gruppo. Ho acquisito consapevolezza della relazione che esiste tra : Valori, Principi e Pratiche. E’ stato piacevole sentire citare il manifesto in una sede istituzionale da un docente aziendale; non più farneticazioni di qualche individuo controcorrente. Ho visto le facce dei miei colleghi prendere coscienza che esiste un modo diverso di intendere il nostro lavoro. Facce stupite di persone che scoprono un nuovo mondo in cui il buonsenso e’ dominante. Persone che a questo punto cominciano ad interrogarsi e farsi domande: e questo e’ già un grande risultato. Ma le transizionia Agile debbono partire dall’alto quindi non ci sono le condizioni. Allora prima che lo stupore scemi e si trasformi in frustrazione dobbiamo portare a casa i VALORI ed i PRINCIPI e qualche PRATICA (unit test) . Confrontarsi tutti i giorni con questi elementi ci renderà migliori e portatori di un messaggio forse controcorrente ma positivo e di buonsenso.

 

Lo spirito del formatore

Vengo da una famiglia di docenti: professori, maestri, mio nonno paterno fu preside, quindi l’attività formativa fa parte del mio background culturale. Tra il 200o ed il 2005 ho avuto la fortuna di svolgere io stesso l’attività di docente per numerosi corsi di formazione in ambito informatico: HTML, OOP, C, C++, Database Relazionali ecc con feedback sempre piuttosto positivi. Qualche settimana fa mi è capitato di aiutare un collega preoccupato di non conoscere C#. Per me nulla è impossibile quindi vedere un programmatore “scantato” di fronte ad un problema superabile non è accettabile. Così per dimostrargli che passare da un linguaggio ad un altro meno è difficile di quanto sembri, l’ho aiutato dieci minuti a scrivere “Hello World” usando un ambiente di sviluppo per C# online. Per lui è stato come scendere una pista nera senza sapere nulla degli sci: avventato e pericoloso, ma divertente.
Il suo commento finale “Azz ma allora funziona, bè non sembra così complicato” mi ha dato grandissima soddisfazione. È stato molto bello provare di nuovo, dopo tanto tempo, il piacere di insegnare qualcosa di nuovo ad una persona. Ricordo perfettamente le settimane full-immersion dei corsi C e C++ a Milano in cui si alternava la mattinata di teoria al pomeriggio di laboratorio.
Per quanto i concetti del mattino sembravo essere stati trasmessi correttamente alla classe almeno a giudicare dalle espressioni del viso, nel pomeriggio, costruendo in prima persona dei piccoli programmi, accadeva spesso che il viso di qualcuno si illuminasse per poi esclamare: “A ecco come funziona! Adesso ho capito!”, segno tangibile che il concetto oltre ad essere stato ricevuto ed accettato per “fede” era stato verificato empiricamente e quindi fatto proprio, in modo maieutico.

Il pensatore

Questa statuetta in legno e’ il regalo che una coppia di amici mi fece di ritorno dal viaggio di nozze. Nel regalarmela mi dissero che si intitolava “il pensatore” e che mi simboleggiava. A quel tempo ciò mi fece piacere e mi stupì. Oggi a distanza di 20 anni e con una maggiore consapevolezza di me, sento che questa statuetta mi rappresenta piuttosto bene, anzi forse la sua energia mi ha influenzato ed indotto a creare questo blog…

Evoluzione

Cosa succede quando in un team compatto e forte un elemento se ne va ?
La prima sensazione è di stupore: “Perché se ne è andato ? “
Non bisogna stupirsi: tutto cambia.
E’ del tutto naturale e legittimo perseguire la propria felicità professionale, ma è un percorso pieno di ostacoli.
Capita che alcuni, pur ricoprendo al meglio il proprio ruolo nel team, in realtà non si sentano valorizzati e pur non dandolo a vedere ne soffrano.
Compito del team leader dovrebbe essere percepire questi stati d’animo inespressi, indagarli e se possibile risolverli.
In caso contrario la persona deciderà di cambiare team: amen.

Considerato che il cambiamento é difficile per tutti, questa scelta merita massimo rispetto e dovrebbe essere sostenuta e non osteggiata.

Il team inevitabilmente subirà uno shock, ma dopo una fase di disorientamento si riorganizzerà.
I componenti dovranno acquisire nuove competenze, bilanciare i carichi di lavoro, affrontare a loro volta un cambiamento interno e necessariamente crescere. 

Chi ha lasciato il team d’altra parte porterà il suo bagaglio di esperienze nel nuovo gruppo di lavoro. Lo contaminerà e sarà contaminato a sua volta. Creerà un ponte tra due realtà diverse, da cui potranno nascere nuove e positive sinergie.

L’importanza delle relazioni

Image by Gerd Altmann from Pixabay

E’ curioso ma solo recentemente mi sono reso conto di quanta importanza abbiano nel lavoro le relazioni personali.

A livello inconscio credo di averlo sempre saputo, ma a distanza di tempo sono pervenuto ad una maggiore consapevolezza.

In 20 anni di lavoro ho riempito lo zaino con tante esperienze diverse, ma la cosa più preziosa sono le relazioni sviluppate.
Le amicizie, le conoscenze, le esperienze vissute insieme, le posizioni prese.

Come si creano queste relazioni ? In tanto modo diversi.

Alla base c’ è il rispetto, per chiunque.
Si lavora insieme, si affrontano problemi, si trovano soluzioni. Da ciò nasce la stima.
Si vive in una comunità qualche volta si finisce per diventare amici.
Si interpretano i segni aziendali e si provano ad indovinare le strategie.
Si fa squadra e si provano a cambiare le cose.

Riflettere ed interrogarsi, mettere insieme le idee e le esperienze: in mensa,
in pausa, anche nell’antibagno.

Bello ritrovarsi dopo tanti anni con ex-colleghi e scoprire che, pur avendo un vissuto esperienze diverse, la visione è la stessa. Naturalmente non è causale. Alla base c’ è sempre stata la condivisione di certi valori quindi la visione che si ha del mondo è necessariamente simile.
Stupefacente fare amicizia in dieci minuti perché la visione è la stessa: mi è successo all’Agile Days di Urbino.
Ritrovarsi nella stessa azienda in gruppi diversi e sostenersi a vicenda in iniziative estemporanee fuori ambito: per esempio su XWiki.
Qual è il segreto di quest’alchimia difficile dirlo:

  • Una battuta
  • I riti dell’ufficio
  • Un fumetto di RAT-MAN condiviso con i colleghi
  • Un’idea espressa che contamina il collega e lo induce a riflettere su un tema

Recentemente qualcuno in azienda ci ha inviato ad essere curiosi su cosa avviene attorno a noi, a dire la nostra, a creare rapporti che vanno oltre le gerarchie e le strutture organizzative.
Sarà perché è la mia natura e perché ho operato sempre in ambiti organizzativi destrutturati e gli schemi mi vanno stretti, ma tutto ciò io l’ho sempre fatto, quindi che dire… benvenuti nel mio mondo!

GECRE – Tecniche di problem solving

Il 20-21 dicembre 2017 ho partecipato al corso ENGINEERING GECRE – “Tecniche di problem solving”.
Il corso è stato tenuto dalla Dott.ssa Lara Cesari Psicologa del lavoro e delle organizzazioni.
Sono state 2 giornate dense di spunti, interessanti e piacevoli.

Un pò di teoria e molte esercitazioni di gruppo.
Alcuni dei concetti trattati:

  • Problemi
    • Complicati:
    • Complessi: appartenenti a più di un dominio. Sono la maggioranza
  • Le trappole cognitive
    • Certezza delle proprie convinzioni -> Falsificazione
    • Autoreferenzialità -> Domande esplorative
    • Lettura rigida dei nessi->Creatività, Rilettura dei nessi
    • Primato delle contigenza -> Segnali deboli, Costruzione di scenari possibili (almeno 3)
  • La potenza dell’autoscolto:
    • Dillo a Teddy
    • Le bamboline guatemalteche
  • Problem finding e Problem solving creativo
    • Inversione o capovolgimento
    • Brainstorming
    • What If
  • Promuovere l’autoascolto con le domande aperte
  • L’importanza dei segnali deboli
  • Il pensiero strategico
  • La scala della padronanza di sè
  • Esercitazione dei naufraghi

Bibliografia