Dopo un’attenta e scrupolosa analisi dei dati, finalmente chiarite le circostanze che hanno dato luogo al blackout in Spagna.
Ecco una fedele ricostruzione dell’accaduto che fuga qualunque dubbio in proposito.
Dal filmato emerge chiaramente che il problema è stato la chiusura del terzo circuito.
Categoria: Assurdi universi
Gargoyles

Leggiadro si libra nel cielo, facendosi beffe degli arcigni guardiani pietrosi,
eterni custodi di antiche mura
Non è la prima volta che un pennuto si infila nell’inquadratura in modo del tutto inaspettato, offrendo a posteriori una chiave di lettura completamente diversa di uno scatto. Come spesso accade, la poesia nasce dal bizzarro connubio di volontà e casualità. Quasi che il fato premi con schegge di bellezza gli ostinati che si affannano nella sua ricerca.
La magia delle parole

Sbadalufo: numeroso, abbondante, in quantità enorme. Per esempio: “Mangiare a sbadalufo”. È un termine buffo e bizzarro che occasionalmente usava un mio caro amico, scomparso troppo presto. Credo sia un termine dialettale della zona del fabrianese, ma non ne ho certezza. Non l’ho mai più sentito pronunciare. Rimane una parola dall’etimologia sconosciuta e misteriosa di cui non si trova traccia su Internet. È il mio personalissimo: ABRACADABRA. Una parola magica che mi fa rivivere la nostalgia di momenti spensierati e divertenti.
Il mio amico si chiamava Massimo, ma essendo Ingegnere era anche noto come l’Ing. Ci conoscemmo per motivi di lavoro. Aveva iniziato la sua carriera in IBM ed aveva sempre lavorato nel settore informatico. A livello professionale la stima fu immediata e reciproca e ben presto si sviluppò anche una sincera amicizia. I punti di contatto tra noi erano numerosi ed annullavano quasi venti anni di differenza d’età. Ci univa la passione per l’informatica, la lettura, la fisica, la curiosità, l’approccio ai problemi, la capacità di astrazione ed un certo senso dell’umorismo.
Per cinque anni lavorammo a stretto contatto, fu impegnativo, ma appagante. Spesso ci vedevamo a Fabriano e passavamo lunghe giornate nel suo ufficio in centro. Sempre gentile e disponibile, era un punto di riferimento insostituibile per tutti i suoi collaboratori che gli volevano molto bene. Per questa sua generosità veniva spesso risucchiato suo malgrado, in un vortice di impegni, telefonate ed interruzioni varie che gli impedivano di concentrarsi come avrebbe voluto. Fu in uno di questi momenti caotici che mi disse: “Allora Andrea. Quello che dovevamo cosare lo abbiamo cosato, adesso coso…” io risi e non potei che dirmi d’accordo con questa perla di astrazione.
Entrare nel suo ufficio significava perdersi in un via vai di persone e voci che si accavallavano: un caos affascinante e divertente. Era lì che si consumavano le epiche schermaglie con i creativi. Lui recitava cantilenando: “Bisogna ricordare all’Art Director, che il Web è quadrato, non è curvo…” e la collega che per tutta risposta recitava: “Ricorda Massimo, che essere Ingegnere non è un sintomo, ma una diagnosi…”. Già, perché spesso i creativi facevano leggiadri voli pindarici, ma poi era lui che doveva dare forma e sostanza a quelle idee: un lavoro per niente facile. In fondo però questo è l’animo del nostro mestiere di progettisti, l’arte di trovare ogni volta quel delicato equilibrio tra astrazione e pragmatismo.
Quando lo conobbi aveva abbandonato le sigarette per la pipa e ciò, unito alla passione per il gioco del bridge, gli donava un fascino tipicamente inglese. Aveva sempre le mani occupate a maneggiare uno degli attrezzi che serviva ad ufficiare quel complicato rituale: il tabacco, lo scovolino e l’accendino. Così spesso capitava che nella confusione del momento, si dimenticasse ora l’uno ora l’altro, in giro per le scrivanie sotto fogli pieni di appunti.
La sua indole riflessiva e le sue pause nel formulare le frasi, si accordavano con i gesti lenti e pazienti che erano necessari per arrivare a produrre il primo sbuffo di fumo azzurrognolo. Ricordo anche il mio quaderno degli appunti che, aperto a distanza di tempo, rimandava ancora un sentore dall’aroma speziato del suo tabacco. Nella mia mente, lo rivedo ancora quando, verso ora di pranzo, mi diceva: “Dai, andiamoci a mangià na cosa…” accompagnando le parole ad un gesto con la testa. Così sgusciavamo fuori dall’ufficio dileguandoci. Percorrevamo strette viuzze in stile medievale per poi sbucare improvvisamente nella piazza principale di fronte alla fontana: uno spettacolo unico. La pausa pranzo era la nostra bolla protettiva. Un non luogo. Uno spazio tempo in cui niente e nessuno interrompeva le nostre chiacchiere.
Quando le nostre vite professionali si divisero, il nostro legame si distillò diventando pura amicizia. Quando ci incontravamo era solo per il piacere intellettuale che ne scaturiva. Facevamo le nostre lunghe passeggiate in montagna, immergendoci nella natura, ma sempre persi nei nostri ragionamenti tra informatica e vita privata, accompagnati dal suo cane Pepe. Nel silenzio del bosco rievocavamo aneddoti e storie della nostra vita con reciproco divertimento. Senza rendercene conto avevamo inventato una versione estesa della nostra pausa pranzo. Era un po’ come essere sulla Luna ad ammirare la Terra, in quei luoghi riuscivamo a guardare alle vicende della vita in modo lucido e razionale. Non potrò mai dimenticare quando mi consigliò di guardare il video di Alessandro Barbero (detto il Prof.) su Caporetto. Fu per me una scoperta entusiasmante e solo ora colgo l’aspetto buffo di questa storia: l’Ing. mi fece scoprire il Prof. .
Il tempo che abbiamo trascorso insieme mi ha arricchito umanamente e professionalmente. Custodisco con cura quei momenti felici e preziosi ed ogni volta che voglio riportarli alla memoria mi basta pronunciare la parola magica: SBADALUFO!
AIgor

Nel periodo di riposo natalizio ho approfittato per fare la conoscenza di NotebookLM di Google. Si tratta di uno strumento di intelligenza artificiale gratuito (basta avere un account Google per accedere) che consente di costruire una o più “intelligenze esperte”, ciascuna basata su fonti informative fornite da noi. Per gioco ho creato AIgor, un’intelligenza che risponde a domande sul film “Frankenstein junior” del 1974 diretto da Mel Brooks.

L’uso dello strumento è molto semplice.
Si comincia creando un nuovo Notebook (un quadernone di appunti) e si inseriscono le fonti informative. Io ho selezionate alcune risorse del web in cui si parla del film.

Le fonti possono essere di varia natura: pagina Web, video YouTube, file o del semplice testo. Nel caso di video ed audio l’elemento informativo che sarà utilizzato è la trascrizione testuale dell’audio. Le informazioni delle fonti possono essere anche in inglese. Nella versione gratuita le fonti sono limitate a 50.

A questo punto possiamo porre domande alla nostra intelligenza, che sa tutto sul nostro film preferito. Per farlo, usiamo la classica chat testuale scrivendo le domande in linguaggio naturale in lingua italiana, dietro le quinte c’è Google Gemini.

La prima domanda che gli faccio è “Chi è Elisabeth?”

Elizabeth è la fidanzata del dottor Frederick Frankenstein. È un personaggio che appare in diversi momenti del film e ha un ruolo significativo nella trama.
Ecco alcuni dettagli su di lei:
- Fidanzata di Frederick: Elizabeth è la fidanzata di Frederick, il protagonista della storia. La loro relazione è caratterizzata da un umorismo particolare. All’inizio del film, si salutano alla stazione in modo affettuoso, ma con una vena comica. Elizabeth, preoccupata per il suo aspetto, chiede a Frederick di non baciarla sulle labbra per via del rossetto e si raccomanda che il suo vestito di taffetà non si sgualcisca.
- Arrivo in Transilvania: Elizabeth fa una visita inaspettata a Frederick in Transilvania. Il suo arrivo crea una serie di situazioni comiche, tra cui un malinteso con Igor, l’assistente del dottore, e un incontro con Inga, l’altra assistente.
- Sedotta dalla Creatura: Dopo essere stata rapita dalla creatura di Frankenstein, Elizabeth si innamora di lui a causa della sua “disumana resistenza sessuale” e del suo “enorme pene”. Inizia anche a cantare “Sempre libera” dalla Traviata, o “A sweet Mystery of Life” da Naughty Marietta nella versione originale, per esprimere la sua passione per la creatura.
- Matrimonio con la Creatura: Nel finale del film, Elizabeth sposa la creatura, che nel frattempo è diventata erudita e sofisticata. Durante il matrimonio Elizabeth dice al mostro “Sei incorreggibile”.
- Interpretazione: Elizabeth è interpretata da Madeline Kahn. La sua performance è descritta come comica ed esilarante.
- Dialoghi: I dialoghi di Elizabeth sono caratterizzati da scambi rapidi e pungenti, spesso con sfumature sessuali. Per esempio, in una scena saluta Frederick dicendo “Taffetà caro”, riferendosi al suo vestito.
- Trasformazione: Il personaggio di Elizabeth subisce una trasformazione durante il film. Inizialmente è una donna di città, elegante e preoccupata per il suo aspetto. Successivamente, diventa una donna appassionata e innamorata della creatura, cantando ed esprimendo la sua sensualità.
In sintesi, Elizabeth è un personaggio femminile chiave in “Frankenstein Junior”, con un ruolo comico e un arco narrativo che la porta a trasformarsi e innamorarsi di una creatura, con un finale inaspettato.
Altra domanda “Se dico taffetà?”
Se si dice “Taffetà” in riferimento a Frankenstein Junior, si fa riferimento a un particolare scambio di battute tra Elizabeth e il dottor Frederick Frankenstein.
- Il contesto della battuta: Elizabeth, la fidanzata di Frederick, pronuncia la frase “Taffetà, caro” in due momenti distinti, entrambi prima della partenza di Frederick per la Transilvania.
- La prima volta, lo dice dopo che Frederick l’ha salutata con affetto, e lei, preoccupata per il suo aspetto e per il suo vestito di taffetà, lo corregge dicendo di non baciarla sulle labbra per via del rossetto.
- La seconda volta, la pronuncia sempre in riferimento al vestito, preoccupata che si sgualcisca prima di un evento mondano.
- Significato: La frase “Taffetà, caro” sottolinea l’attenzione di Elizabeth per i dettagli e il suo attaccamento all’apparenza. Questo dettaglio di abbigliamento evidenzia il suo carattere un po’ frivolo e superficiale all’inizio del film, prima della sua trasformazione.
- Uso nella versione italiana: La battuta è stata mantenuta nella versione italiana del film, diventando una delle frasi iconiche del personaggio di Elizabeth.
- Riferimento alla scena: La frase è un riferimento diretto al vestito di Elizabeth, che è realizzato in taffetà, un tessuto noto per sgualcirsi facilmente. La sua preoccupazione per il vestito, in un momento in cui ci si aspetterebbe un addio più emotivo, aggiunge un tocco di umorismo alla scena.
- Personaggio di Elizabeth: La battuta “Taffetà, caro” contribuisce a definire il personaggio di Elizabeth come una donna elegante, un po’ snob e preoccupata per il suo aspetto. La sua trasformazione successiva, quando si innamora della creatura, rende ancora più comico questo suo attaccamento iniziale all’apparenza.
In sintesi, se si dice “Taffetà” si evoca immediatamente il personaggio di Elizabeth, la sua ossessione per l’abbigliamento e l’umorismo che caratterizza la sua interazione con Frederick all’inizio del film.
Proseguendo nell’esplorazione dello strumento, nella sezione “Studio” troviamo altre funzionalità interessanti:
- La guida allo studio
- Domande frequenti
- Documento di briefing
- Sequenza temporale
- Riassunto audio
Quest’ultimo è piuttosto impressionante, perché consente di generare un podcast a due voci che narrano una sintesi del materiale fornito. La lingua del podcast è l’inglese, ma usando la funzione di personalizzazione e specificando la frase: “Il podcast deve essere in lingua italiana. Evita di inserire parole in lingua inglese” è possibile ottenere l’audio in lingua italiana.


Valutate da voi il risultato finale:
NotebookLM mi ha colpito perché nel suo utilizzo, rispecchia finalmente il tipico modus operandi di chi vuole approfondire un argomento. Questo lo rende un prezioso strumento di supporto allo studio sia in ambito scolastico sia professionale. Quasi dimenticavo, ciascun Notebook può essere condiviso con altri utenti che abbiano un account Google.
Per semplificare il popolamento delle fonti vi consiglio un’extension per Google Chrome “NotebookLM Web Importer”, premendo un solo pulsante potrete immediatamente scegliere il notebook a cui aggiungere l’attuale indirizzo del browser.

In definitiva uno strumento molto utile e semplice da usare, ma solo per chi abbia ancora voglia di studiare ed usare il proprio cervello Normal o ABnormal che sia.
A presto ; )
HR d’altri tempi

Dopo aver visto la serie “The house of the Dragon”, ho tratto qualche interessante riflessione.
Dunque per diventare cavaliere di drago è semplice.
Funziona così. Il candidato si presenta fiducioso di fronte alla bestia gigantesca. Quella gli si avvicina minacciosa e lo annusa per bene. Se gli piace è assunto, altrimenti lo arrostisce vivo sul posto.
Senza dubbio un sistema di selezione del personale molto efficiente.
Nessune incertezza o lungaggine.
Nessuna inutile frase ipocrita del tipo: “Le faremo sapere”.
Nessuna ulteriore possibilità per la serie: “Ritenta, sarai più fortunato”.
In questo caso un no è per sempre.
Con altri occhi

23 Dicembre 2024, sto scrollando Facebook quando mi capita di vedere questa foto. La prima cosa che mi viene in mente è la mandibola spalancata dello squalo di Spielberg, incagliato nel ghiacco polare. La sagoma scura e i denti scintillanti. Ma qualcosa non torna: i lampioni, la neve. Osservo meglio: è un presepe!
Il mio naturalmente è un abbaglio creativo. Non credo che qualcuno abbia volutamente costruire un presepe all’interno della bocca di uno squalo, sarebbe assurdo. Oppure no?
Potrebbe rappresentare la società del consumo che sta divorando una tradizioni millenaria.
Forse quelle fauci affamate siamo noi che abbiamo inghiottito il significato del Natale insieme al pandoro e al torrone.
Oppure quella mandibola è il rischio di un conflitto nucleare che incombe su di noi ignari ed inconsapevoli, assuefatti alla pace e storditi dal benessere.
Ancora una volta una foto dimostra di non avere un significato univoco. Il trucco è semplice, bisogna provare a guardare il mondo con occhi diversi, solo così possiamo far emergere nuovi significati.
Sperando che quelle fauci siano misericordiose e non si chiudano su di noi, Buon Natale.
A pesca di rondini

Questa foto nasce con l’intento di cogliere un panorama suggestivo. Mentre ero in procinto di scattare ho pensato:
“Mannaggia, quel filo mi rovina l’inquadratura, ma scatto lo stesso”.
Poi il caso ha voluto che nella scena entrassero le rondini. Così, qualche giorno dopo, quando ho rivisto la foto, il suo significato surreale mi è apparso chiaro.
Quel filo che pende nel vuoto, mi ha subito fatto pensare alla lenza di una canna di qualcuno che pesca rondini nel cielo-mare di primavera, usando un lampione cittadino come una lampara. Se tutto ciò vi sembra bislacco, ricordate che siamo a Corinaldo, dove tutto è possibile.
Da questa esperienza ho tratto un’importante lezione sulla fotografia, un’immagine può assumere a posteriori un significato del tutto inaspettato ed indipendente dalla volontà di chi ha scattato la foto.
La torta

Il giorno del mio compleanno mi concedo un giro in moto in solitaria e vado a Elcito per immergermi nel silenzio, tra l’azzurro del cielo e il verde delle montagne.
Un altro buon motivo per andare li è per salutare Roberta e Nicola che gestiscono “Il Cantuccio”. Loro sono due ragazzi di San Severino che con tigna tutta marchigiana tengono aperto il loro punto di ristoro in un luogo difficile, quasi come fosse un’oasi nel deserto. Sono sempre sorridenti ed il loro accento maceratese li rende irresistibilmente simpatici.

L’altro giorno dopo aver mangiato un’ottima crescia chiedo a Roberta: “Che dolcetti hai?” e lei: “Oggi c’ho la torta col pistacchio, l’ho fatta io con la farina di nocciole e la crema al pistacchio è tando bona.”
“Allora bisogna che l’assaggio.”
Roberta mi passa la fetta di torta e poi rivolta a Nicola: “Amò, n’ho mangiata già na fetta, se ne mangio n’artra non ce famo a ppari!”
Mangio la torta: squisita.

Due giorni dopo torno “Al Cantuccio” sempre in moto, ma insieme ad alcuni amici. Dopo aver ordinato dico a Roberta: “Vedo che la torta è sparita, vuol dire che è piaciuta.”
Roberta soddisfatta: “Eh si.”
Nicola la sfotte: “Gerto ch’è finida, se l’ha magnata tutta issa!”
Così questo luogo magico, crocevia di persone e dialetti mi ha donato ancora una volta una piccola buffa storia che merita di essere scritta e ricordata.
Quasi magia
Molti anni fa, credo fosse il 1998, fui testimone di un surreale scambio di battute tra colleghi. I due erano entrambi software engineer con esperienza, ma diversissimi tra loro. In quel periodo stavano collaborando ad un progetto problematico e formavano una strana coppia. S. era il leader: giovane, geniale e irriverente. C. un ingegnere preciso, metodico, ma introverso. Io ero alle prime armi e le dinamiche di questo team atipico mi affascinavano molto.
Quel giorno mi trovavo a parlare con S. alla sua scrivania quando C., nella postazione a fianco, in un inaspettato slancio di gentilezza, si girò e chiese a S.:
“Senti, devo scrivere quella funzione in C++ che poi dovrai invocare, che parametri preferisci in ingresso ?”
S. si tormentò il pizzetto per qualche istante con fare pensoso e poi rispose serio e risoluto: “Guarda, facciamo una cosa semplice…” Poi fece una pausa studiata ad arte e proseguì: “Definisci una funzione che accetta in ingresso solo una stringa. Così io scrivo in linguaggio naturale quello che la funzione deve fare e lei lo fa…”.
Rimanemmo in silenzio per alcuni secondi, guardando C. che cercava di assorbire il colpo. L’espressione interrogativa del suo viso lasciò il posto prima all’incredulità e poi alla delusione. Alla fine disse laconicamente: “Ho capito…” e tornò a rivolgersi al suo schermo. Noi naturalmente scoppiammo a ridere.
Finora questo era solo uno spassoso aneddoto a testimonianza della brillantezza di S. .
Qualcosa però è cambiato perché a distanza di 25 anni la rivoluzione dell’AI Generativa ha inaspettatamente dato corpo a quella battuta nonsense.
Così oggi, ogni volta che penso a quella frase, un brivido freddo mi attraversa la schiena. Risento S. pronunciare quelle parole: “Io scrivo in linguaggio naturale quello che deve fare e lei lo fai…” e lei lo fa. È quasi magia.
AI generativa

La rivoluzione digitale ha semplificato molte attività aumentando i “poteri” degli esseri umani e inducendo evidenti effetti collaterali, ne parlavo tempo fa qui. L’uomo, grazie alla tecnologia digitale ha migliorato l’accesso alle informazioni e la capacità di memorizzazione, ma finora la creatività era una dote esclusiva e personale. Un dono raro, dalle origini misteriose e dai meccanismi sfuggenti.
Con l’AI generativa è stato superato anche questo limite. Usando un’AI (es. ChatGpt) e fornendo le giuste indicazioni, chiunque può generare un racconto, una canzone, una poesia. Questo cambia significativamente le cose e fa emergere una serie di domande inquietanti.
Come potremo sapere se una creazione è umana o artificiale ? Forse servirà la tracciabilità delle opere. Se non possiamo attribuire la paternità delle opere i concorsi e le prove d’esame dovranno essere dal vivo e preferibilmente di tipo orale. Un curioso paradosso, abbiamo appena sperimentato l’utilità delle attività a distanza e dobbiamo già tornare alla presenza fisica ? Ha senso parlare di diritti d’autore per un’opera generata ?
Avere a disposizione questa potenza creativa ci renderà tutti poeti e scrittori o invece appiattirà l’offerta?
I creativi saranno spinti a fare meglio, si ritireranno o troveranno il modo di cooperare con le AI ?
Se un’AI venisse addestrata su tutto lo scibile umano potrebbe essere considerata rappresentativa dell’umanità nel suo insieme ?
Quando l’AI diventerà tascabile e sarà addestrata in modo continuo con tutti i nostri dati personali, essa diventerà un nostro doppio digitale che ci migliorerà a tutti i livelli. Gli smart glasses e l’AI ci renderanno umani potenziati. Più sarà potente il modello, maggiore saranno le performance. Se prima ciascuno poteva trovare nella propria creatività un potente fattore competitivo innato, in futuro il denaro potrà sopperire a questa mancanza.
L’arte umana perderà valore per inflazione di opere generate e co-generate o lo acquisterà diventando ancora più rara?
Quando saremo defunti il nostro io digitale sopravvivrà ? I nostri amici potranno chattare ancora con il nostro “spirito” digitale ? Il doppio, privato dell’esperienza della vita, rimarrà fermo al suo tempo diventando noioso? Forse gli forniremo falsi ricordi di nuove esperienze per mantenerlo “vivo” ? Se alla morte fisica non corrisponderà una morte digitale, il nostro io digitale potrebbe vivere in eterno, ammesso che ci sia energia per sostentarlo. Sarebbe una sorta di vita eterna digitale.
L’AI generativa è sostenuta da un modello di comprensione del linguaggio addestrato su una grande mole di dati. Secondo lo storico Yuval Noah Harari (“Sapiens. Da animali a dèi”) il linguaggio è stato il fattore chiave di successo della specie umana. Ora questa è un’abilità digitale e come tale può essere sviluppata, condivisa, clonata: una vera rivoluzione. L’AI è molto vicina a superare il test di Turing. Ciò avvicinerà le macchine agli esseri umani e i confini inizieranno a sfumare. Presto sarà possibile ciò che Philiph K. Dick teorizzava nei suoi romanzi il Dottor Sorriso: un servizio digitale completamente automatico di psicanalisi. Per ora l’AI non ha consapevolezza di se e non ha un corpo fisico, ma quando avremo superato anche queste barriere, ci servirà il test Voight-Kampff del film “Blade Runner” per distinguere un essere umano da un androide.
Comunque se va male, male, male sappiamo già che vincerà SkyNet .