Ispirazione

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Chi scrive è mosso da un’energia misteriosa chiamata ispirazione.
Non sappiamo da dove arrivi, né perché si manifesti e non riusciamo a controllarla. È come un vento che si alza improvviso ed impetuoso per poi tacere inaspettatamente. Quando soffia, cambia repentino la sua direzione. Nessuno è in grado di invocarlo o di prevederne l’arrivo ed è pazzia pensare di fermarlo.

Lo scrittore è come un marinaio solitario a bordo di un guscio di noce, perso nel mezzo dell’oceano. Spesso la vela giace pigra ed inanimata e la sua barca si lascia trasportare dalla corrente. Con il mare in bonaccia l’estro creativo è sospeso, quasi un’arte dimenticata.

A volte mentre il caldo è soffocante un alito di vento gli accarezza la pelle sudata. Allora alza gli occhi e vede la vela allegra rianimarsi. Il vento rinforza, ed in breve tempo la barca guizza e acquista velocità. La direzione? Non importa, dopo quell’immobilità, ciò che conta è fendere le onde. Felice si abbandona all’ebbrezza del momento e sorride compiaciuto, manovrando la barra del timone. È solo un’ingenua illusione: il vento lo sta portando dove vuole. Lui può solo cercare di utilizzarlo al meglio, ma non avendo una bussola per orientarsi é inutile preoccuparsi della direzione.
In questi momenti un’energia speciale lo pervade. Un qualunque elemento, di norma insignificante, riesce a mettere in moto un processo creativo che produce un pensiero. Quel pensiero si materializza in una sequenza di parole che esprimono un significato e godono di una certa un’armonia musicale. L’unica cosa è assecondare questo vento. Ma dove lo sta conducendo? Nessuno lo sa, ma in fondo questo è un fatto irrilevante.
Forse sta addirittura girando a vuoto, ma che importa. Il suo è un viaggio che in realtà si fa da fermo, dentro sé stesso. Di certo cavalcare quel vento lo fa sentire più vivo.

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A volte dura un attimo e non riesce ad afferrarlo. Altre volte, lo travolge con la sua furia e non può domarlo. Lo brama e lo teme al tempo stesso, perché è un’energia potente di cui avere rispetto. Una forza che reclama costanza ed ostinazione, perché se non esci in mare ogni giorno, quel vento, quando si alzerà, non ti troverà pronto. E allora sarà solo un vento qualunque, uno di quelli che scompiglia le fronde degli alberi, poetico, ma del tutto inutile perché non darà vita ad un’opera.

In fondo, chi scrive è come se si trovasse sempre in mezzo a quel mare, ad attendere paziente e speranzoso che si alzi ancora quel vento magico che si chiama ispirazione.

A pesca di rondini

Questa foto nasce con l’intento di cogliere un panorama suggestivo. Mentre ero in procinto di scattare ho pensato:
“Mannaggia, quel filo mi rovina l’inquadratura, ma scatto lo stesso”.
Poi il caso ha voluto che nella scena entrassero le rondini. Così, qualche giorno dopo, quando ho rivisto la foto, il suo significato surreale mi è apparso chiaro.
Quel filo che pende nel vuoto, mi ha subito fatto pensare alla lenza di una canna di qualcuno che pesca rondini nel cielo-mare di primavera, usando un lampione cittadino come una lampara. Se tutto ciò vi sembra bislacco, ricordate che siamo a Corinaldo, dove tutto è possibile.

Da questa esperienza ho tratto un’importante lezione sulla fotografia, un’immagine può assumere a posteriori un significato del tutto inaspettato ed indipendente dalla volontà di chi ha scattato la foto.

Il cavo “esplosivo”

Immagine creata con https://creator.nightcafe.studio/studio

Se mi metto a fare il conto degli anni trascorsi dalla mia prima esperienza lavorativa scopro che se ne sono andati quasi 30 anni: era una vita fa.
C’erano Windows 3.1 e Visual Basic 3.0, ma Internet non era ancora tra noi.
Per mettere in comunicazione un pc con i dispositivi elettronici si usavano i cavi seriali. Quando me ne serviva uno andavo nel reparto di elettronica prendevo: un cavo, due connettori a vaschetta il saldatore e me lo costruivo. Era una prassi diffusa, ormai ascrivibile tra le abilità da vecchia scuola.
L’alternativa era di “prendere in prestito” un cavo già pronto di qualcun altro.

Un giorno ero presso la postazione di un collega, sulla scrivania era appoggiato un cavo seriale grigio. Notai che per tutta la sua lunghezza c’erano una serie di piccoli caratteri blue, scritti a penna da mano umana con pazienza certosina. Incuriosito, cominciai a scorrere con lo sguardo il messaggio nascosto in quelle lettere minute che recitava in tono di ammonimento:
“QUESTO CAVO FUNZIONA SOLO SE USATO DAL PROPRIETARIO, IN TUTTI GLI ALTRI CASI ESPLODE”.
Trovai quell’idea geniale e divertente. Il proprietario ridendo mi disse: “Ti piace, aspetta.”. Prese il cavo in corrispondenza della scritta, lo tese e lo ruoto delicatamente di 180 gradi per tutta la sua lunghezza.
Sull’altro lato c’era un altro messaggio che proseguiva e concludeva il primo:
“E MO, FREGATEVE PURE QUESTO!”.

Mi piace pensare che quel sistema antifurto così atipico alla fine abbia funzionato.