Costanti universali

Ieri Emma, una mia amica, ha pubblicato la prima puntata del suo podcast “DiLemma – come vivere bene in un piccolo spazio” e mi ha confessato di provare un po di vergogna. L’ho rassicurata. Non mi sono mai cimentato nei podcast, ma so per certo che far leggere a qualcuno ciò che hai scritto richiede il superamento di questo scoglio psicologico, ne parlavo proprio qui.
Perciò, a maggior ragione, trovo lodevole che lei si sia lanciata in questa nuova iniziativa creativa.
Incuriosito, appena mi è stato possibile ho ascoltato i suoi consigli su come fare ordine nell’armadio.
Bè il podcast è simpatico frizzante e per essere un primo esperimento Emma se la cava proprio bene: complimenti!

La puntata mi ha indotto ad alcune buffe riflessioni sul tema. Premetto che io non ho giurisdizione sugli armadi di casa, mia moglie è la plenipotenziaria. Lei ha un animo fashion ed una passione per borse e scarpe. A livello di abbigliamento con le sue truppe è sconfinata in modo permanente, già da tempo, in tutte le aree di confine, occupando stabilmente tutti gli armadi altrui.
Nonostante in inverno trascorra interi pomeriggi a riordinare, il posto in cui stipare vestiti e accessori sembra non sia mai abbastanza. Ipotizzo cautamente che il processo di eliminazione per ora abbia la peggio rispetto al processo di acquisizione, ma questa è un’indagine destinata all’insabbiamento. Preferisco pensare che sono io ad avere dei limiti che non mi permettono di comprendere appieno questo strano fenomeno.
D’altra parte io sono di gusti sobri e preferisco rimanere ancorato a delle costanti cosmologiche universali: un maglione blue e una camicia a quadretti. Forse sono un minimalista in erba, non lo so. Nel dubbio, rimango in paziente e fiduciosa attesa che gli scienziati penetrino i misteri della fisica quantistica così che possano finalmente aprirci gli infiniti spazi del multiverso in cui poter sistemare ordinatamente altri capi di abbigliamento; naturalmente.

Il dono

Nel Dune di Villeneuve c’è una battuta del Barone Harkonnen passata un po inosservata che invece io ho trovato molto suggestiva e di cui credo non ci sia traccia nel libro.
Rabban appena rientrato dalla smobilitazione di Arrakis, chiede irato allo zio perché mai l’Imperatore abbia voluto assegnare Dune agli Atreides. Evidentemente per la mente semplice e lineare di Rabban ciò non ha senso è un sopruso verso la propria casata.
Il Barone dalla mente tortuosa gli risponde in modo mellifluo con un indovinello: “Quando un dono non è un dono?”
La soluzione è: quando nasconde un tranello. Poi spiega che l’Imperatore è geloso del Duca. La concessione di Arrakis alla casata Atreides si rivelerà essere una gigantesca trappola, forse un richiamo all’epica vicenda del cavallo di Troia .

Così quando un tuo superiore ti propone un nuovo incarico e te lo presenta come “un’importante opportunità di crescita” ed accompagna queste parole con una pacca sulla spalla, nel valutare l’offerta sarà bene riportare alla mente il quesito del Barone: “Quando un dono non è un dono ?”

Dune di Denis Villeneuve