Gargoyles

Scorcio delle mura di Via del Fosso Corinaldo (AN)
Leggiadro si libra nel cielo, facendosi beffe degli arcigni guardiani pietrosi, 
eterni custodi di antiche mura

Non è la prima volta che un pennuto si infila nell’inquadratura in modo del tutto inaspettato, offrendo a posteriori una chiave di lettura completamente diversa di uno scatto. Come spesso accade, la poesia nasce dal bizzarro connubio di volontà e casualità. Quasi che il fato premi con schegge di bellezza gli ostinati che si affannano nella sua ricerca.

Un altro giro di giOstra

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Recentemente si è concluso il 3° ciclo di incontri del “Laboratorio di scrittura creativa e lettura espressiva” di Ostra (AN), una bella iniziativa ideata e condotta da Paolo Pirani. In ciascuna “lezione” alcuni esercizi a tempo da svolgere in aula e di solito un tema da sviluppare a casa. Il bilancio è ancora una volta molto positivo, perché i nostri piacevoli incontri hanno prodotto narrazioni stupefacenti e suggestive. Io stesso ho fatto tesoro dei numerosi stimoli raccolti strada facendo e ne ho tratto ispirazione per scrivere brani che a mio avviso funzionano.
A primavera prossima il ciclo si chiuderà ufficialmente con una sessione di lettura in pubblico in cui ciascuno sceglierà uno dei suoi componimenti.

Nel frattempo, riporto qui uno degli esercizi che ho svolto e che ha prodotto due buoni racconti a mio avviso. L’esercizio prevedeva di scegliere una poesia o un testo teatrale e su quella base creare una o più variazioni. Io ho scelto il testo dello spettacolo “Il racconto del Vajont” di Marco Paolini e Gabriele Vacis, in particolare le pagine 26 e 27 in cui viene tratteggiata la figura della giornalista e scrittrice Tina Merlin. Ex staffetta partigiana durante la seconda guerra mondiale, ha seguito la costruzione della diga fin dall’inizio denunciandone i rischi, andando sul posto e dando voce, con i suoi articoli, ai montanari di Erto e Casso. Il suo sforzo sarà vano e, dopo la tragedia della frana del 9 ottobre 1963, scriverà il libro “Sulla pelle viva” che prossimamente leggerò.
Ho visto più volte lo spettacolo di Paolini ed ogni volta ho i brividi. Ho scelto il frammento su cui lavorare a caso, ma non completamente. In quelle due pagine si parla dell’esperienza di andare in montagna, quindi è un tema che mi è caro. Avrei dovuto creare delle variazioni, ma più che altro mi sono lasciato ispirare liberamente e sono giunto a produrre due racconti brevi.

Ricordo

Immagine creata con Night Cafè Studio

Quando avevo otto anni, in autunno, mia nonna mi portò in montagna nella valle del Vajont. Ci alzammo che era ancora buio e faceva freddo. Partimmo a piedi da Erto e salimmo per un ripido sentiero. A me la montagna non è mai piaciuta, ma mia nonna ci teneva tanto e io la rispettavo. La salita non finiva più, non mi lamentai e continuai a camminare in silenzio. Mi stupì a pensare che, per l’età che aveva, sembrava animata da un’energia prodigiosa. Arrivammo dopo circa due ore in cima che albeggiava. Io mi sedetti sulle rocce per riposare e rifocillarmi. Lei se ne stava lì in piedi, muta, sfidando il vento gelido, con lo sguardo rivolto alle cime illuminate dai primi raggi del sole. Non so cosa stesse pensando, ma sembrava serena, in pace con il mondo. Poi sentimmo un verso acuto, lei alzò lo sguardo verso un falco che volteggiava nel cielo. Socchiuse gli occhi mentre sul suo volto compariva un sorriso enigmatico. In quel momento il suo viso sembrò ringiovanire.
Dopo la sua scomparsa, quando ero già grande, lessi i suoi libri e suoi articoli. Intrecciando quelle fonti ai miei ricordi ho potuto penetrare il suo mistero e credo di aver colto lo spirito guerriero che abitava in quella donna.
Allora, sono tornato in montagna, da solo. Ho ripercorso lo stesso sentiero ed una volta in cima, lei mi ha parlato.

Note

Ho trasfigurato la giornalista in una figura quasi sciamanica. Mi sono chiesto come la potesse vedere un’ipotetico nipote. Volevo indagare il problema della trasmissione di un credo di una passione da una generazioni all’altra.
La parola e la memoria possono aiutare, ma la consapevolezza vera può essere conquistata solo per propria volontà, compiendo un percorso.

Favola

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C’era una volta una ragazza che durante la seconda guerra mondiale aiutava i partigiani facendo la staffetta. Non aveva alcun super potere, se ne andava su e giù da sola per le montagne, su sentieri impervi con il rischio di essere presa dal nemico. Era un compito difficile, pericoloso, ma lei era coraggiosa e sentiva di lottare contro il male. Amava la montagna, perché dopo aver scarpinato per arrivare fin lassù, quando la valle spariva coperta dalle nuvole, la guerra per un momento cessava di esistere. C’era solo silenzio, il cielo limpido e le belle vette rocciose tutto intorno. In quei momenti il suo sguardo arrivava a vedere lontano fino ad intravedere un futuro migliore.
La guerra finì e quella ragazza diventò una giornalista, sempre in lotta contro ciò che considerava ingiusto. Cominciò fin da subito a seguire la vicenda controversa della costruzione della diga del Vajont. Cercò in tutti i modi di mettere in guardia l’opinione pubblica dai potenziali rischi, dando voce agli abitanti della zona, ma fu tutto inutile. Il male quella volta ebbe la meglio, ma non si diede per vinta. Capì che era chiamata ancora a dare un contributo, perché era intimamente legata a quelle persone e a quei luoghi. Così scrisse un libro in cui raccontava la vicenda dal punto di vista degli abitanti della montagna. Narrò quella dolorosa vicenda al mondo, affinché tutti sapessero e nulla del genere potesse più accadere.

Note

In questo caso ho mitizzato la giornalista facendone un’eroina. La protagonista di una favola in cui anche il singolo può dare un contributo e fare la differenza.

Esplorando il mondo

Un futuristico monolite nero

Scrivo con una certa regolarità da alcuni anni e quando l’ispirazione bussa alla mia porta l’accolgo sempre con il massimo rispetto, cercando di onorarla dandole forma scritta.

Credo che chi scrive, all’inizio lo faccia soprattutto per sé, perché ne sente l’esigenza e perciò lo farebbe anche se non ci fosse nessuno a leggerlo. Superata questa fase iniziale però, avere dei lettori ed essere apprezzati è importante, perché contribuisce a dare valore a quell’atto e ne alimenta la fiamma. Praticare la scrittura, nel tempo mi ha indotto più volte ad interrogarmi sulle dinamiche che si instaurano tra chi scrive e chi legge e con mia sorpresa continuano ad emergere aspetti affascinanti.

Lo scrittore, nell’atto di condividere con il mondo le sue invenzioni, crea contenuti e li irradia nell’etere come fossero onde radio, senza avere certezza di chi capterà quel segnale.
La maggior parte delle volte quell’onda si disperde nello spazio senza produrre effetti evidenti, ma qualche volta viene raccolta produce un effetto e rimbalza sotto forma di feedback, creando un eco di ritorno. Questa immagine mi hanno indotto a pensare lo scrittore come fosse un radar. I suoi scritti sono un sistema per scandagliare il mondo circostante nel tentativo di mettersi in contatto con persone sintonizzate sulla stessa frequenza. Chi scrive quindi, non lo fa per la ricerca di consenso e di apprezzamento, ma perché va alla ricerca di persone con una sensibilità affine, con cui condividere esperienze. È una sorta di esplorazione dell’animo umano, alla ricerca di propri simili, con cui creare connessioni di valore.

A seguire alcuni elementi che probabilmente hanno influenzato il filo dei miei pensieri:

  • La canzone “Is there anybody out there?” dell’album “The Wall” dei Pink Floyd. Un grido straziante nel tentativo di superare la solitudine interiore.
  • Il monolite nero del racconto “La sentinella” di Artur C. Clarke: un manufatto alieno capace di innescare l’evoluzione della specie umana e di valutarne i progressi.
  • Il programma scientifico spaziale Voyager che nel 1977 ha lanciato due sonde nello spazio per esplorare il sistema solare con la speranza di entrare in contatto con altre forme di vita .

Breve inganno

Imponente il monte si erge di fronte a me occupando l’intero campo visivo. 

La luce del pomeriggio ne illumina i prati di un delicato verde pastello e lo rende un gigante buono la cui presenza è benevola e rassicurante.

Assorto in contemplazione del panorama, la mia attenzione viene distratta da forme oscure e minacciose che si muovono silenziose come fantasmi e che al loro passaggio rubano la vivacità dei colori del declivio, ma è un inganno che dura solo un attimo. 

Alzo lo sguardo e vedo bianche e soffici nuvole che veleggiano in cielo e si divertono a giocare alle ombre cinesi con il sole. 

La macchina creativa

Image by Gerd Altmann from Pixabay

La disponibilità dell’AI generativa ha reso chiunque capace di creare un contenuto testuale di buona qualità. Chi ama scrivere evita queste scorciatoie e preferisce confrontarsi con l’ispirazione e la creatività a “mani nude”. La scrittura è una sfida con sé stessi che merita di essere affrontata in un leale corpo a corpo.

Un modello di AI generativa è addestrato su una moltitudine di opere scritte di origine umana. La sua capacità generativa si basa sulla possibilità di combinare su base statistica contenuti preesistenti. Questo meccanismo, a prima vista, rende la capacità generativa AI diversa dall’immaginazione umana, ma ne siamo sicuri?
Recentemente ho scritto e pubblicato un racconto “Unico testimone la Luna”, esso è indubitabilmente farina del mio sacco. L’ho immaginato e scritto io, quindi è un contenuto senza dubbio originale.
Ma quale opera scritta possiamo considerare veramente originale?

Con il termine originale intendiamo prodotto da qualcuno da zero, non copiato, scaturito dall’immaginazione. Ma se ci fermiamo a riflettere, ci accorgiamo che, ciò che consideriamo esclusivo frutto della nostra mente, è solo il prodotto di una lunga serie di contaminazione, suggestioni ed esperienze vissute lungo l’arco di una vita. Alla fine, ciò che scrivo non è necessariamente nuovo od inedito, ma semplicemente la combinazione conscia ed inconscia di qualcosa che ho letto, visto ed esperito fino a quel momento.

Dal punto di vista puramente generativo, forse non siamo molto diversi dall’AI. Vivendo, interagiamo con il resto del mondo ed alimentiamo un modello (mente e memoria) che influenza il nostro comportamento e la nostra creatività. Diversamente dall’AI il nostro modello è alimentato da una serie di informazioni sensoriali captate attraverso il corpo. Ciò che creiamo è sempre la sommatoria degli eventi di cui siamo testimoni o attori. L’elaborazione degli eventi sensoriali che ci hanno raggiunto, coinvolto e che alla fine ci hanno trasformato.

Un creativo in effetti può essere considerato una “macchina” che grazie ad una particolare sensibilità, elabora il proprio vissuto e lo reinterpreta, trasformandolo in un’opera. L’AI non ha una fisicità, non vive il mondo concreto, non raccoglie stimoli sensoriali e non sperimenta le emozioni. È un alieno che conosce l’umanità attraverso ciò che essa ha prodotto a livello letterario. Può dire di conoscerla molto bene, può persino mimarne il comportamento, impersonando qualcuno, ma non è in grado di replicarne l’essenza. Alla fine quel corpo che ci rende esseri finiti e limitati, forse rappresenta proprio il nostro vantaggio competitivo.

Leggendo un libro è spontaneo domandarsi quanto ci sia di autobiografico dell’autore. Io sono dell’idea che in un’opera c’è inevitabilmente sempre tutta la vita intera dell’autore. Non in senso stretto di accadimenti, ma nel significato che l’opera racchiude in sé. Per questo trovo molto più interessante indagare sui motivi che hanno messo in moto quella macchina e che, attraverso un processo di trasformazione, ha dato vita a quell’opera. L’AI, non potendo provare emozioni, non è in grado di mettere in moto questo processo. Il significato forse è la chiave di tutto. L’AI può generare poesia, ma non è in grado di coglierne il significato e quindi non ne subisce l’effetto. Può decifrare la metrica e farne la parafrasi, ma non è in grado di emozionarsi per la sua bellezza.

Onde di girasoli nella campagna di Corinaldo (AN).
In lontananza il massiccio del Monte Acuto e Monte Catria

Forse fino a quando l’AI sarà incapace di provare stupore di fronte ad un panorama, godremo del vantaggio di essere umani.

L’arte che è in ciascuno di noi

Mark Knopfler – Privateering Tour – Father & son / Hill Farmer’s blues

Come iniziare bene l’anno? Per esempio ascoltando buona musica e fermandosi a riflettere sul divino che si nasconde in ciascuno di noi.

Come può un uomo di mezza età dall’aspetto anonimo da impiegato del catasto farvi passare i brividi lungo la schiena?
In fondo la musica è solo aria che vibra. Un’infinita combinazione di sette semplici note.

Credo si tratti di arte ed è un grande potere: la magia di indurre emozioni a distanza su altre persone.

Non smettete mai di cercare questa magia nascosta in voi.
Se la trovate abbiatene cura e fatela crescere. Non abbiate paura di lasciare che emerga. Qualcuno vi prenderà per folle, ma non soffocate il vostro demone.
Cercate altre persone con lo stesso dono capaci di vibrare alla vostra stessa frequenza, con la vostra stessa sensibilità e farete cose grandi insieme.

Vi auguro di trovare la vostra “band”. Polistrumentisti che sappiano suonare strumenti inusuali: la cornamusa il violino ed il flauto così sarete capaci insieme di produrre melodie angeliche. Sarà facile suonare insieme la danza della vita. Basterà un cenno del capo per capirsi. Suonerete insieme con il sorriso: divertendovi. E saprete navigare insieme il mare: indovinando l’armonia delle onde.

Agli scrittori auguro di riuscire con la propria penna, di generare anche solo la metà della magia che è in grado emanare Mark Knopfler con la sua chitarra e la sua voce.

Non smettete mai di cercare la bellezza e l’armonia e forse riuscirete a vivere questo mondo con una certa leggiadria.

Laboratorio di scrittura creativa

Quasi un milione di anni fa

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Questa storia comincia molti anni fa.
Avevo quattordici anni e frequentavo la terza media a Corinaldo.
La nostra professoressa d’Italiano in collaborazione con Paolo Pirani, allora addetto culturale del Comune di Corinaldo, ci coinvolse in attività di teatro e cineforum. In quell’occasione ebbi modo di conoscere Paolo e vederlo in azione.
Dopo oltre trenta anni incrociai nuovamente Paolo su Facebook.
Avevo già un mio blog ed avevo scritto alcuni post su film e serie tv che mi avevano particolarmente colpito.
Riemersero d’un tratto i ricordi di quei cineforum che avevo tanto amato.
Lentamente presi coscienza del fatto che la mia sensibilità verso la scrittura ed il cinema probabilmente era il frutto di quella lontana esperienza.
Superai l’imbarazzo e gli scrissi un messaggio in privato. Lo ringraziai per avere svolto con tanta passione il suo lavoro. Nel mio caso quel seme aveva dato dei frutti e lui ne fu felice. Così tornai in contatto dopo tanto tempo con una persona speciale e per me preziosa fonte d’ispirazione.

Il blog

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Il mio blog è nato ormai sette anni fa.
Le motivazioni per cui l’ho creato, a distanza di anni, tendono a sfuggire anche a me. E’ nato come blog tecnico, con l’obiettivo di fare personal branding a livello professionale. Nelle intenzioni iniziali infatti avrebbe dovuto ospitare solo post di programmazione, per questo il titolo: “Fare e costruire”.
Invece fin da subito mi sono abbandonato all’ispirazione ed ho cominciato a raccogliere pensieri e riflessioni di varia natura, scoprendo o riscoprendo il piacere di scrivere.
Da ciò è emerso nel tempo il sottotitolo: “Un posto in cui riflettere”.
Quindi sono già passati alcuni anni da quando ho imboccato in modo imprudente questo sentiero, senza sapere esattamente dove mi avrebbe condotto.
Alla fine credo di aver raggiunto comunque l’obiettivo, perché questo blog dice molto di me, più di quanto avrei mai immaginato.
E comunque nel tempo il viaggio è diventato più importante della destinazione.

L.S.C. (Laboratorio di Scrittura Creativa)

Ex refettorio delle clarisse di Ostra

Nell’autunno 2022 Paolo su Facebook ha invitato chiunque ad unirsi ad un “Laboratorio di scrittura creativa” ad Ostra.
Incuriosito mi sono presentato all’incontro senza sapere esattamente cosa aspettarmi.
Ho ritrovato il Paolo di sempre e conosciuto persone speciali con una spiccata sensibilità e con la passione per la scrittura. Un contesto sicuro in cui esprimersi. E’ stato entusiasmante.
Dopo qualche incontro Paolo ci ha proposto si scrivere un brano su due temi “Parole Sospese” o “Parole di fango” e ci ha prospettato la possibilità di dare corpo ad un evento di lettura pubblica in collaborazione con il Comune di Ostra.
In poco tempo ciascuno si è cimentato nell’impresa di produrre un testo che riflettesse il proprio punto di vista. Paolo si é occupato di stilare un palinsesto ed ha proposto a Renzo Ripesi di unirsi al gruppo per accompagnarci con la sua chitarra.
Qualche prova e poi in scena in modo del tutto spontaneo e naturale.

Devo confessare che ero timoroso rispetto al tema scelto, perché non ho vissuto in prima persona l’esondazione e quindi non mi sentivo autorizzato a trattare un tema così delicato.
Per questo ho scelto di aggirare l’ostacolo ed ho scelto un punto di vista storico.
In due racconti ambientati in epoche e luoghi diversi ho provato a descrivere il legame profondo tra l’uomo ed il fango.

Ieri sera è avvenuta la lettura pubblica ad Ostra nell’ex refettorio delle Clarisse alla presenza del Sindaco e di alcuni concittadini.
L’evento è stato molto bello e i riscontri sono stati positivi.

Navigatori

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Come ha detto Paolo ieri sera, scrivere è un atto di coraggio, perché costringe a guardarsi dentro, chi scrive lo sa bene.
Leggere in pubblico ciò che si è scritto è ancora più sfidante, perché ci espone al resto del mondo.
In una società che corre veloce, fermarsi a pensare, riflettere, riordinare i pensieri e scrivere è un lusso. Noi lo facciamo e siamo controcorrente.
Viviamo l’epoca in cui l’intelligenza artificiale è diventata capace di generare racconti, fiabe, romanzi quindi siamo particolarmente controcorrente.
Forse abbiamo addirittura scelto il momento storico sbagliato per essere creativi. O forse no: in fondo è bello essere controcorrente.

Siamo navigatori erranti in un’oceano pieno di parole.
Ce ne stiamo a pescare pazienti e silenziosi in attesa che arrivi l’ispirazione ed una nuova parola abbocchi all’amo. Una dopo l’altra. E quando ne abbiamo pescate a sufficienza, cerchiamo di combinarle insieme per costruirci una frase, un concetto, un’idea come degli artigiani.
Paolo è il comandante della nostra nave. Un Achab mai stato folle, ma con una passione altrettanto bruciante. E’ lui ci guida su questo mare sconfinato alla perenne ricerca della grande balena bianca: un significato.

Un grazie a lui per l’ispirazione e l’incoraggiamento che ci ha profusi in questa avventura emozionante.
Sono onorato di avere navigato insieme ai miei colleghi per questo tratto di mare.
Un gruppo eterogeno perciò ricco di punti di vista diversi.
Sono pronto ad imbarcarmi nuovamente.

Giunti a destinazione, ma già pronti a ripartire

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Così si chiude un capitolo di una storia cominciata molti anni fa ed il cui seguito deve ancora essere scritto.
Una storia fatta di incontri che sembrano casuali e che invece sono il risultato di scelte personali e consapevoli. Scelte che si riverberano nel tempo creando interessanti increspature.
Per questo motivo io continuo a seguire l’ispirazione, senza sapere dove mi condurrà, ma felice di poter condividere una parte del viaggio con dei nuovi preziosi amici.

AI generativa

Foto di Gerd Altmann da Pixabay

La rivoluzione digitale ha semplificato molte attività aumentando i “poteri” degli esseri umani e inducendo evidenti effetti collaterali, ne parlavo tempo fa qui. L’uomo, grazie alla tecnologia digitale ha migliorato l’accesso alle informazioni e la capacità di memorizzazione, ma finora la creatività era una dote esclusiva e personale. Un dono raro, dalle origini misteriose e dai meccanismi sfuggenti.
Con l’AI generativa è stato superato anche questo limite. Usando un’AI (es. ChatGpt) e fornendo le giuste indicazioni, chiunque può generare un racconto, una canzone, una poesia. Questo cambia significativamente le cose e fa emergere una serie di domande inquietanti.

Come potremo sapere se una creazione è umana o artificiale ? Forse servirà la tracciabilità delle opere. Se non possiamo attribuire la paternità delle opere i concorsi e le prove d’esame dovranno essere dal vivo e preferibilmente di tipo orale. Un curioso paradosso, abbiamo appena sperimentato l’utilità delle attività a distanza e dobbiamo già tornare alla presenza fisica ? Ha senso parlare di diritti d’autore per un’opera generata ?

Avere a disposizione questa potenza creativa ci renderà tutti poeti e scrittori o invece appiattirà l’offerta?
I creativi saranno spinti a fare meglio, si ritireranno o troveranno il modo di cooperare con le AI ?
Se un’AI venisse addestrata su tutto lo scibile umano potrebbe essere considerata rappresentativa dell’umanità nel suo insieme ?

Quando l’AI diventerà tascabile e sarà addestrata in modo continuo con tutti i nostri dati personali, essa diventerà un nostro doppio digitale che ci migliorerà a tutti i livelli. Gli smart glasses e l’AI ci renderanno umani potenziati. Più sarà potente il modello, maggiore saranno le performance. Se prima ciascuno poteva trovare nella propria creatività un potente fattore competitivo innato, in futuro il denaro potrà sopperire a questa mancanza.
L’arte umana perderà valore per inflazione di opere generate e co-generate o lo acquisterà diventando ancora più rara?

Quando saremo defunti il nostro io digitale sopravvivrà ? I nostri amici potranno chattare ancora con il nostro “spirito” digitale ? Il doppio, privato dell’esperienza della vita, rimarrà fermo al suo tempo diventando noioso? Forse gli forniremo falsi ricordi di nuove esperienze per mantenerlo “vivo” ? Se alla morte fisica non corrisponderà una morte digitale, il nostro io digitale potrebbe vivere in eterno, ammesso che ci sia energia per sostentarlo. Sarebbe una sorta di vita eterna digitale.

L’AI generativa è sostenuta da un modello di comprensione del linguaggio addestrato su una grande mole di dati. Secondo lo storico Yuval Noah Harari (“Sapiens. Da animali a dèi”) il linguaggio è stato il fattore chiave di successo della specie umana. Ora questa è un’abilità digitale e come tale può essere sviluppata, condivisa, clonata: una vera rivoluzione. L’AI è molto vicina a superare il test di Turing. Ciò avvicinerà le macchine agli esseri umani e i confini inizieranno a sfumare. Presto sarà possibile ciò che Philiph K. Dick teorizzava nei suoi romanzi il Dottor Sorriso: un servizio digitale completamente automatico di psicanalisi. Per ora l’AI non ha consapevolezza di se e non ha un corpo fisico, ma quando avremo superato anche queste barriere, ci servirà il test Voight-Kampff del film “Blade Runner” per distinguere un essere umano da un androide.
Comunque se va male, male, male sappiamo già che vincerà SkyNet .

Breve viaggio alle radici dell’ispirazione

Come nasce l’ispirazione ?
Difficile da dire. Una cosa letta, sentita, pensata. Elementi diversi lontani ed estranei che improvvisamente si collegano tra loro a formare un disegno, qualcosa che prima non esisteva.
La novità è che posso portare un piccolo esempio concreto.

Ieri mattina 6.30 mi gusto questo video:

Geopop intervista Valentino Rossi

Valentino è spettacolare. Fa fatica a spiegare come si curva con la moto. Per lui è del tutto istintivo e allora non trovando le parole sopperisce con la mimica.
Tra parentesi chi va in moto lo sa, è del tutto controintuitivo, ma la moto entra in curva controsterzando leggermente nel senso inverso: è la fisica del giroscopio.

Condivido il link del video in un gruppo di miei amici biker e qualcuno commenta ridendo: “il trucco sono le gomme…”.
Questa frase comincia a solleticarmi il cervello e dopo qualche secondo arriva l’ispirazione:

“il trucco sono le gomme…” 
Lo diceva sempre, ormai vecchio e al termine della sua lunga carriera, il Grande Mago “Cancellini” a chi gli chiedeva il segreto del suo successo. 
Nei suoi spettacoli, invero un po’ lunghi, era in grado di far sparire perfettamente enormi disegni tracciati a matita dopo averci lavorato sopra con buona lena.

Come nasce il Mago “Cancellini” ?
Quando ho letto quella frase mi sono chiesto se, mantenendo ferma la sua validità, potessi costruirgli intorno un contesto completamente diverso ma plausibile per quanto assurdo ed improbabile. Penso ad altre gomme, quelle per cancellare. La gomma per cancellare fa sparire i segni della matita, in certo senso fa una “magia”. Allora ci vuole un mago. Il nome Cancellini emerge spontaneamente. Penso sia stato un tributo inconscio al Tenente Colombo che nell’episodio “L’illusionista” si confronta con un assassino prestigiatore: “L’inarrivabile Santini”.
L’idea di un mago farlocco e di un pubblico altrettanto credulone è una traslazione dei super eroi con poteri assurdi ed inutili di Leo Ortolani in Rat-Man.
Leo mi ha fornito un’altra preziosa fonte d’ispirazione, il suo mago “Braccini” presente in “The Walking Rat.

“The Walking Rat” di Leo Ortolani


Così qualche minuto dopo nasce e muore un personaggio nonsense.
Il micro racconto, quasi un epitaffio, nasconde fino alla fine la giustificazione assurda della frase, ma contribuisce a rendere il contesto coerente.
Questo è stato possibile solo attraverso una prima stesura e successivi piccoli ritocchi del testo, fino ad arrivare ad una forma musicale e consistente.
La scrittura, con la sua asincronia, ha questo vantaggio, dà la possibilità di cesellare le frasi con cura. Dal vivo tutto ciò è impossibile, si ha solo una possibilità per sfruttare il tempo comico, si chiama arte dell’improvvisazione ed è un dono raro riservato a persone molto brillanti.

Alla fine non saprei dire sinceramente se tutto ciò possa essere considerato creatività o piuttosto rielaborazione, ma vi garantisco che quando capita lascia una piacevole sensazione.